Milano-Roma, dualismo tra vincitori e vinti

Milano-Roma, dualismo tra vincitori e vinti

Milano-Roma, dualismo tra vincitori e vinti


Il punto su RTL 102.5 di Fulvio Giuliani

Fece molto rumore, un paio di mesi fa, la storia della ragazza veneta innamorata di Napoli (e ricredutasi dai precedenti luoghi comuni). Da napoletano, è molto tempo che rifletto sulla mia esperienza 'milanese'. Venni a vivere qui - ok, sono emigrato - 20 anni fa. Una bella cifra tonda, che permette qualche riflessione, su una città che storicamente ha anticipato e non di rado indirizzato la storia d'Italia.
Il mio è innanzitutto un grazie, sincero e sentito. Milano mi ha fatto crescere umanamente e professionalmente, è la città dei miei figli, mi ha fatto divertire e appassionare, soprattutto mi ha fatto sentire a casa. Perché Milano ha accettato la sfida dei nostri difficili anni, senza perdersi in troppe chiacchiere. Si è guardata intorno, ha preso il meglio di tutti i mondi che l'hanno scelta e ha giocato la sua partita, senza i complessi di inferiorità e i provincialismi, che affliggono non poche delle altre principali città d'Italia. Io, napoletano orgoglioso della storia impareggiabile della Capitale del Sud, non ho MAI sentito estraneità e repulsione. Perché qui 'fare' è un valore e accenti e colori si perdono in un melting pot, che è il Dna milanese, dai decenni della grande immigrazione interna. Questo non vuole dire che la città non viva le tensioni e le difficoltà del fenomeno migratorio dei nostri giorni, ma se c'è un posto che consiglierei a un sognatore (bianco, nero, giallo...) è questo. Ti metteranno alla prova, ti osserveranno, ma ti daranno un'opportunità. E l'opportunità è tutto.

Negli ultimi anni, poi, Milano ha vissuto uno scatto in avanti impressionante, tradottosi in un senso di orgoglio cittadino, che è il volano di una marea montante di iniziative, scommesse vinte, innovazioni, semplicemente senza eguali in Italia. Il trionfo di Expo - e oggi appaiono patetici i tentativi di una sparuta minoranza di negare l'evidenza - ha proiettato la città in una dimensione internazionale, di cui i milanesi si sono innamorati. Io, napoletano-milanese, come centinaia di migliaia di altri meticci, amo andarmene in giro e guardarli fotografare la propria città. Fateci caso, anche in luoghi di incomparabile bellezza, ormai gli italiani sembrano assuefatti e annoiati.

A Milano, fotografano orgogliosi le nuove torri e i nuovi quartieri della propria città. E la vivono. La Milano, che non conosceva il turismo, vive oggi di settimane della Moda e Design Week e al Fuorisalone vanno nonni e nipoti. Qui, le donne lavorano in una percentuale molto superiore al resto del Paese e si sperimentano tutti i nuovi servizi digitali, tipicamente metropolitani e internazionali. Le imprese crescono al doppio del ritmo italiano, le start-up volano, la disoccupazione è su livelli quasi tedeschi e quella giovanile è la metà della media nazionale. Tutto bene, allora? Ovvio che no, ma dovessi consigliare a una famiglia dove investire su se stessa, a un giovane dove provare a dare una svolta, risponderei Milano a occhi chiusi.

C'è un rischio, però: il ruolo storico di questa città è essere locomotiva d'Italia (un tempo si parlava di 'capitale morale'), ma oggi il distacco rischia di farsi troppo grande e la locomotiva potrebbe scappar via, lasciando dietro il convoglio. Sarebbe un disastro per tutti, perché non è di una città-stato che abbiamo bisogno, comunque troppo piccola per reggere la terrificante concorrenza. Non è pensabile e sopportabile arrivare a Roma da Milano e sentirsi in un altro mondo. Ripiegato, rassegnato e intento a guardarsi l'ombelico. Non è più tempo di inutili gelosie, si prenda atto di quale sia il modello vincente e si lavori sodo. I proclami non servono a niente e chi ne fa una questione di partiti al potere è pronto a credere agli asini volanti.

www.fulviogiuliani.com


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