Venezia 80, La bête di Bertrand Bonello: un cinema inafferrabile e ammaliante, che sconvolge lo spettatore
04 settembre 2023, ore 08:00 , agg. alle 10:05
Il film francese presentato ieri in concorso alla Mostra del cinema regala la migliore proiezione al Lido
Ci sono quei film che arrivano dal nulla. Dei lampi di genio che squarciano in due lo schermo, facendo sprofondare lo spettatore dentro un vortice di pensieri e immagini di cui si ignorava l'esistenza. Un viaggio dentro noi stessi e nelle pieghe del tempo, che è possibile compiere solo grazie al cinema. La bête di Bertrand Bonello, presentato ieri in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, è proprio uno di questi film.
LA TRAMA DEL FILM
2044. L’intelligenza artificiale ha preso il sopravvento e le emozioni umane sono ormai considerate una minaccia. Le macchine hanno paura dei sentimenti poiché sono l’unica cosa che non riescono ad imitare dell’apparato umano. Per liberarsene occorre purificare il proprio DNA tramite un particolare tipo di test che consente di attraversare tutte le vite precedenti. E’ proprio quello che si troverà a fare la protagonista della pellicola, Gabrielle. La donna, in ogni sua vita, incontrerà sempre Louis, suo grande amore perduto.
UN TOUR DE FORCE CHE SCONVOLGE E AMMALIA
Uno dei momenti più esaltanti e totalizzanti incontrati fino ad ora al Lido. La bête di Bertrand Bonello riesce con un colpo solo a spazzare via tutte le altre pellicole presentate in questi primi giorni. Astratto e totalmente inafferrabile, perturbante e scioccante. La prova di come l’arte cinematografica, solo attraverso il suo stesso linguaggio, sia in grado di tenere sotto scacco il pubblico.
Un mistero inquietante che ci viene sussurrato all’orecchio solo grazie agli artifici virtuosi della forma filmica. Un cinema che si esalta per creare senso e per sconvolgere lo spettatore dall'inizio alla fine, in un tour de force di naufragi esistenziali. Sembra di assistere ad un film di David Lynch, a più riprese il cineasta francese sembra addirittura citarlo, ma senza perdere mai di vista la sua visione personale. Un continuo gioco tra ciò che è visibile e ciò che è nascosto allo sguardo, tra ciò che è in campo e ciò che è fuori dalla portata della macchina da presa. Un’ angosciante storia d’amore vissuta dentro un film che non ha mai paura di osare, che vuole sconvolgere, ma senza essere mai pretenzioso. Non è facile orientarsi nel caleidoscopio di immagini che eruttano davanti allo spettatore, ma non si riesce a resistere di fronte al loro fascino così controverso e misterioso. Nei 146 minuti di film che scorrono via come l’acqua, ci viene detto che le emozioni sono il bene più prezioso per arrivare alla libertà, ma soprattutto l’unico modo per emanciparsi dalle macchine. Ma La bête non si risparmia. Riflette anche sul cinema e sulla società dei media, mettendo in scena a più riprese dei veri e propri cortocircuiti meta testuali.
Insomma, è forse la sorpresa più intensa e sbalorditiva di questa 80esima edizione. Almeno fino ad ora. Un film scioccante e da non perdere dove, per poter ritrovare la strada, è necessario perdersi.