Decreto aiuti, pure il M5S a favore dell’esecutivo, ma cresce la spinta per uscire dalla maggioranza

Decreto aiuti, pure il M5S a favore dell’esecutivo, ma cresce la spinta per uscire dalla maggioranza

Decreto aiuti, pure il M5S a favore dell’esecutivo, ma cresce la spinta per uscire dalla maggioranza


Come si comporteranno sul provvedimento i grillini al Senato rimane per il momento ancora un'incognita, anche se tra le ipotesi che circolano c'è quella di non far mancare i numeri al governo, dando però un segnale magari con un tot di assenze mirate

Come previsto, il governo ha incassato la fiducia della Camera posta sul dl Aiuti, con 410 sì, 49 no e un astenuto. Alla fine sono stati 28 i deputati M5S che non hanno espresso il proprio voto, di cui in 15 ingiustificati. E poi dopo il via libera della Camera, il dielle passerà al Senato che avrà pochi giorni per esaminarlo prima della scadenza, il 16 luglio.


La fiducia

La fiducia posta dal governo alla Camera sul dl Aiuti rappresenta il primo passaggio parlamentare dopo l'incontro di ieri tra Mario Draghi e Giuseppe Conte. E proprio il leader 5S ora annuncia: "Sul dl Aiuti votiamo la fiducia, al Senato vedremo. Noi vogliamo collaborare con il governo". Dunque, come si comporteranno i 5S a Palazzo Madama resta per il momento un'incognita, anche se tra le ipotesi che circolano c'è quella di non far mancare i numeri al governo, dando però un segnale magari con un tot di assenze mirate.


La maggioranza

La maggioranza insomma traballa. Per ora lo strappo non c'è stato ma Conte ha sollecitato "risposte concrete entro luglio" consegnando al premier un documento in 9 punti che elenca le richieste grilline, per poi valutare il sostegno. Intanto, ha chiesto "discontinuità", espresso 'forte disagio' e lanciato un avvertimento al Pd: "Le alleanze non sono un dato acquisito". E anche la Lega è in assemblea permanente e minaccia barricate: "Basta favori ai 5S".


L’assemblea

Resta il fatto che l’'assemblea di ieri notte dei 5S è stata parecchio tesa tesa, anche se il documento consegnato da Giuseppe Conte al premier Mario Draghi ha messo d'accordo i più, soprattutto per i toni e le questioni poste. Ma è emersa con forza la voglia dei parlamentari M5S, soprattutto i senatori, di abbandonare la nave del governo Draghi. Dopo le parole di Conte in apertura dell'assemblea, fuoco di fila di interventi contro la permanenza nell'esecutivo, hanno raccontato alcuni presenti. Tra i più convinti, per fare alcuni nomi del Movimento della prima ora, Laura Bottici e Alberto Airola. Il senatore torinese, in particolare, ha manifestato il suo scetticismo sulle risposte attese dal premier, "spacceranno 4 perline colorate per l'oro di Montezuma", ha messo in guardia i colleghi. Ricordando per uno dei principi cardine del Movimento: "Fosse per me, uscirei domani stesso. Ma il Movimento è una grande comunità, la decisione non può essere presa né da me, né da Beppe, né da Conte o da tutti noi con un voto assembleare. Siamo entrati con il voto della base in questo governo e con il voto della base dobbiamo uscirne", le sue parole. Ancor più duro il collega Giovanni Endrizzi, secondo il quale, viene raccontato, il patto stretto per entrare nel governo è stato tradito, dunque il voto degli attivisti potrebbe essere tranquillamente bypassato. Mentre la deputata Gilda Sportiello se l'è presa con gli "scissionisti poltronisti", complici di un governo in cui il M5S è stato tradito. Ad avanzare dubbi sulla linea dura che stava segnando la congiunta, aprendo la strada ad una serie di interventi improntanti alla cautela, ci avrebbe pensato Stefano Buffagni, invitando i colleghi a ponderare per bene la scelta: "non si possono prendere decisioni in base ai ritorni elettorali, seduti su comode poltrone mentre fuori c'è un paese in ginocchio, una crisi economica in arrivo con un rallentamento economico di cui ci sono già segnali evidenti". Buffagni avrebbe riportato l'attenzione sulle risposte che arriveranno da Palazzo Chigi: le decisioni, per l'ex sottosegretario, vanno assunte in base a questo. "Abbiamo posto temi per dare risposte alle persone sulle quali esigiamo risposte concrete. In assenza di questo - avrebbe rimarcato - non ha senso la nostra permanenza, questo è chiaro. Ma ogni scelta va fatta consapevolmente, guardando a cosa succede nel paese. Perché le bollette impattano sulle produzioni, sulle imprese, sulle filiere che già scontano problemi di approvvigionamenti". "Non stiamo giocando - avrebbe dunque sferzato i colleghi – esistono le priorità delle persone vere. Non ho problemi se si va a votare già a settembre, ma voglio che le scelte vengano fatte consapevoli delle conseguenze per le persone, non per i sondaggi". Dopo Buffagni, altri interventi moderati, con dubbi sulla scelta da compiere. La maggioranza è per lasciare, "ma il travaglio c'è ed è innegabile", ha spiegato un big del Consiglio nazionale.



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