Il sol dell’Avvenire, la quintessenza di Moretti

Il sol dell’Avvenire, la quintessenza di Moretti

Il sol dell’Avvenire, la quintessenza di Moretti Photo Credit: agenziafotogramma.it


Il film, che vede nel cast Silvio Orlando e Margherita Buy, sarà anche in concorso alla 76esima edizione del Festival del cinema di Cannes

Un film nel film, dove la storia diventa utopia e dove il cinema prende il sopravvento sulla realtà, ma soprattutto dove i sogni, le ansie e le paure si fondono insieme per dare forma alla quintessenza di Nanni Moretti. Sono questi gli ingredienti de "Il Sol dell’Avvenire", pellicola che dal 20 Aprile è nelle principali sale italiane e che correrà per vincere la Palma d’Oro alla prossima edizione del Festival di Cannes, in programma dal 16 al 20 maggio. La trama del film, seppur complessa e sfumata, può essere riassunta da una frase di qualche secolo fa che è stata attribuita dagli storici a Karl Marx: La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.” Giovanni è un regista che sta girando un film ambientato nel 1956 e che vede come protagonista un segretario della sezione del PCI del quartiere romano del Quarticciolo che deve capire come reagire all'invio dei carri armati sovietici a Budapest. La produttrice della pellicola nonché moglie di Giovanni, è in crisi con il marito e sta progettando di lasciarlo, non solo sentimentalmente ma anche professionalmente.


FELLINI INCONTRA MICHELE APICELLA

"Tre Piani" è stato un film che molti hanno etichettato come anti Morettiano. Un film maturo e drammatico dove non c'era spazio per l'umorismo e per le risate e dove l'autore faceva un passo indietro, nascondendosi dietro ad una storia molto corale e variegata. Una storia lineare anche se stratificata, che sembrava appartenere più ai film del tardo Moretti, come ad esempio "Habemus Papam" e "Mia Madre".

Qui invece si torna alle origini. Il "Sol dell'Avvenire", è la quintessenza di Nanni Moretti che rispolvera tutte le sue idiosincrasie, i tic, i vizi e le virtù che hanno caratterizzato parte della sua filmografia ma con una maggiore consapevolezza e maturità. Non sono mai, però, citazioni fini a sé stesse. Perché a fare da collante a tutto questo c'è una trama coesa che riflette sulla storia, quella con la S maiuscola che nel frattempo si contamina con la storia cinematografica di Moretti. Una carrellata di tutti i momenti più celebri della sua filmografia che esplodono davanti allo spettatore, uno dopo l’altro. Ma lungi dal voler essere un banale film su Moretti. Il sol dell’avvenire è incentrato sul cinema, sulla politica, sulla società e sul sistema culturale. È una pellicola che prova a decifrare i mutamenti degli ultimi anni, usando lo sguardo cinico ma empatico di un autore che, forse per la prima volta, mette in discussione anche sé stesso. E noi assieme a lui riflettiamo su che cosa vuol dire essere spettatori oggi, in un mondo dominato dalle piattaforme e dagli algoritmi, e dove diamo tutto per scontato.

Fellini incontra Michele Apicella e i due sembrano andare molto d’accordo. La narrazione scivola veloce senza incepparsi mai e regalando tutto ciò che si può sognare da un film di Nanni Moretti.


DA STALIN AI SABOT

Moretti si conferma un autore squisitamente post moderno, in grado di fondere tutto, tenendo uniti tra loro elementi della cultura alta assieme a quelli della cultura popolare. Da Stalin ai sabot, dal cinema al gelato, da Noemi a Battiato. Il tutto come un gigantesco caleidoscopio che ancora una volta ci aiuta a comprendere quel che siamo, ciò che siamo stati (e forse non siamo più) ma soprattutto, ciò saremmo potuti essere. Sogni, desideri, fobie, paure e canzoni. Il tutto facendoci ridere e riflettere allo stesso tempo. E poi c’è il sogno utopico degli eventi della storia, sempre quella con la S maiuscola, che l’autore si diverte a sovvertire, a cambiare, come fossimo in un film di Quentin Tarantino. ("Bastardi senza gloria", "C’era una volta a Hollywood").


OGNI FINE È ANCHE UN INIZIO

E poi si arriva al finale. Colori, musica, speranza, malinconia ma soprattutto cinema, quello vero, in grado di emozionare senza algoritmi e senza ricorrere alle formule prestabilite dell’industria. Guardando l’ultima sequenza si ha la sensazione che forse Moretti, abbia fatto la stessa scelta che ha fatto Giovanni, il suo alter ego del film. Forse anche lui ha concepito l'ultima scena prima ancora di scrivere la sceneggiatura. Non si può restare indifferenti. In quella parata tipicamente felliniana, c'è tutto. Si è appagati ma anche tristi, ebbri di commozione e felicità. Tutta l'opera di Moretti che sfila dinnanzi a noi, per congedarsi, forse, e aprire a nuovi scenari filmici.

Speriamo solo di non dover aspettare 5 anni.



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