L'importanza dell'educazione anche in tempo di pandemia, dobbiamo tutti riappropriarci dell'infanzia

L'importanza dell'educazione anche in tempo di pandemia, dobbiamo tutti riappropriarci dell'infanzia

L'importanza dell'educazione anche in tempo di pandemia, dobbiamo tutti riappropriarci dell'infanzia


Ora la scuola riesce a esistere solo attraverso le lezioni online, ma non possiamo demandare l'educazione al web

Nel 1924, durante una conferenza a Londra, lo psicologo svizzero Carl Gustav Jung disse che l’educazione del bambino ha inizio con l’educazione dei genitori e degli insegnanti, e con l’istruzione elementare, non con quella superiore.

L'insegnamento online

Oggi, in piena crisi Covid, le scuole chiuse e chissà se a settembre potranno riaprire, ci illudiamo, a mio parere, di avere colto nella disgrazia una opportunità, l’insegnamento a distanza. Non possiamo fare altrimenti, per ora, e benedette siano le tante maestre che si sono attrezzate per proseguire in un rapporto didattico con i piccoli alunni, pur tra mille difficoltà, dovute anche all’analfabetismo digitale di molte famiglie e in non poche aree geografiche, con reti inefficienti e pressoché totale assenza di strumenti come computer e tablet. Qualcuno potrebbe obiettare: siamo nel XXI secolo, basta con le filastrocche senza senso e con le dita che sporche di colori tracciano immaginari scenari sulla vecchia desueta carta, l’era di Rousseau è negli archivi polverosi dei nostri ricordi, fine dei giocondi e giocosi giardini d’infanzia. Ma guardiamo un poco a qualche settimana fa, a quello che stavamo e presto torneremo a fare coi nostri Bambini: musi lunghi, cibi in scatola, violenza sportiva passiva/aggressiva davanti alla Tv o al tablet, il focolare domestico degli adulti con i suoi balocchi fasulli, come direbbe James Hillmann, filosofo e psicoterapeuta tedesco del quale consiglio le riflessioni in queste infinite ore di esilio sui nostri divani. “E nel frattempo- scrive Hillmann in Trame perdute- la crescita, l’originalità e l’iniziativa, le forze primordiali del Bambino, vengono corrose da quella fantasia iperattiva di onnipotenza che va sotto il nome di ‘sviluppo’: sviluppo personale, mistico e finanziario; proiezione di sé nello spazio”. Fantasia è l’attività del bambino senza madre, immaginazione è la fantasia che ha ricevuto cure materne.


Il dovere di riappropriarsi dell'infanzia

La parola chiave dell’immaginare non è quindi “libero” ma “fecondo”, il suo scopo non è solo il puro e semplice esplorare, ma l’incoraggiare, il promuovere. Per questo, genitori e maestre, dobbiamo noi adulti riappropriarci dell’infanzia. E ricordare che gli incontri quotidiani con la città del mondo sono momenti immaginativi per la mente del bambino. Significa figure, cose, parole, quindi immagini. Non possiamo negare loro tutto questo per un tempo indefinito e non possiamo ipotizzare di sostituire tutto questo con il semplice clik di una malferma connessione. C’è chi sostiene, nei dibattiti tra un virologo, un epidemiologo, un guru e un idiota a tempo permanente frequentatore di desertificati salotti televisivi che forse stiamo diventando tutti analfabeti. Diamo la colpa alla televisione e al computer, gli strumenti coi quali oggi manteniamo un flebile contatto con il mondo reale. Ma attenzione. Essi non sono cause, ma effetti di una condizione preesistente che li ha sollecitati. Tv e computer hanno di fatto colmato un vuoto, hanno posto un freno, per fortuna, alla nostra capacità immaginativa. Il leggere non dipende soltanto dalla nostra capacità di saper disporre in fila ordinata lettere e conseguenti parole. Il leggere dipende dalla nostra capacità di entrare nell’immaginazione. Il nostro essere analfabeti è il frutto marcio di un processo educativo che ci ha fatto dimenticare le condizioni immaginative che favoriscono la lettura.


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