Mare, pubblicato il rapporto di Legambiente sulle spiagge: sempre più stabilimenti, addio spiagge libere

Mare, pubblicato il rapporto di Legambiente sulle spiagge: sempre più stabilimenti, addio spiagge libere

Mare, pubblicato il rapporto di Legambiente sulle spiagge: sempre più stabilimenti, addio spiagge libere


In un anno le concessioni balneari sono aumentate del 12,5%: Campania, Liguria, Emilia-Romagna, le regioni dove ci sono sempre meno spiagge libere; Puglia e Sardegna virtuose: diritto di accesso al mare per tutti

Spiagge libere, un miraggio

In Italia trovare una spiaggia libera è sempre più difficile. Oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione. A pesare su ciò, in prima battuta, è l'aumento esponenziale in tutte le regioni delle concessioni balneari che nel 2021 sono arrivate a superare quota 12 mila contro le quasi 11 mila del 2018, registrando un incremento del +12,5%.Lo denuncia Legambiente nel rapporto 'Spiagge 2021'. La situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane'. Tra le regioni record, dove gli stabilimenti occupano quasi il 70% dei lidi ci sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania. Altri decisi incrementi si registrano in Abruzzo, con un salto degli stabilimenti da 647 nel 2018 a 891 nel 2021 e nelle regioni del sud a partire dalla Sicilia dove le concessioni per stabilimenti balneari sono passati da 438 nel 2018 a 620 nel 2021, con un aumento del +41,5%: al secondo posto e terzo posto ci sono la Campania che registra un aumento del +22,8% e la Basilicata (+17,6%). Il comune record d'Italia è Gatteo, in provincia di Forlì-Cesena dove non esiste un centimetro di spiaggia libera, mentre sono vicini al cento per cento di occupazione da stabilimenti anche località come Pietrasanta, in Toscana, Rimini, Cattolica ancora in Romagna e Diano Marina in Liguria. Tra i casi virtuosi, invece ci sono la Puglia e la Sardegna che hanno stabilito il principio del diritto di accesso al mare per tutti fissando una percentuale di spiagge libere pari al 60%, superiore rispetto a quelle da poter dare in concessione (40%).

Aumenta l'erosione

A sottrarre litorale, poi c'è un drammatico fenomeno in crescita, l'erosione costiera, che interessa quasi la metà delle coste sabbiose italiane e che si sta accentuando a causa della crisi climatica. La spesa per combatterla, con interventi finanziati dallo Stato e, in parte, da Regioni e Comuni, è di circa 100 milioni di euro l'anno, ma risulta maggiore rispetto a quanto lo Stato incassa effettivamente dalle concessioni balneari (83 milioni gli incassi effettivi su 115 milioni nel 2019). Inoltre uno dei problemi è che si continua a intervenire con opere rigide come pennelli e barriere frangiflutti, che interessano almeno 1.300 km di costa, e su cui bisognerebbe aprire una riflessione sulla reale  efficacia.

Coste inquinate in Campania e Sicilia

Il 7,7% dei tratti di coste sabbiose è di fatto interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. Sicilia e Campania contano in totale circa 55  km su 87 km interdetti a livello nazionale. 

Concessioni a prezzi stracciati

I canoni che si pagano per le concessioni balneari sono ovunque bassi, anche nelle località di turismo di lusso a fronte di guadagni milionari. Ad esempio, per le 59 concessioni del Comune di Arzachena, in Sardegna, lo Stato nel 2020 ha incassato di 19mila euro l'anno. Una media di circa 322 euro ciascuna l'anno. Ma se consideriamo il giro di affari degli stabilimenti balneari, la cifra che ci si trova davanti è di tutto rispetto: secondo Nomisma,  almeno 15 miliardi di euro annui. Eppure allo Stato pare non interessare granché.


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