Matteo Malaventura, l'ex giocatore di basket ammalato che per il coronavirus ha visto la morte negli occhi

Matteo Malaventura, l'ex giocatore di basket ammalato che per il coronavirus ha visto la morte negli occhi

Matteo Malaventura, l'ex giocatore di basket ammalato che per il coronavirus ha visto la morte negli occhi


Lo sport non è stato immune dal contagio da Covid-19, il calcio con Paulo Dybala, guarito di recente, ma non solo, anche la pallacanestro può raccontare un caso a lieto fine, quello di Matteo Malaventura

Il post su Facebook con l’annuncio del contagio

La notizia, pesante come un macigno, viene comunicata, il 16 marzo, dallo stesso Malaventura, dal letto dell’ospedale, con un drammatico post su Facebook accompagnato da una foto che lo ritrae attaccato al respiratore. “Ciao a tutti, sono in ospedale con una polmonite e attaccato all’ossigeno”, dice Matteo “scrivo questo messaggio per sensibilizzare tutte le persone sulla gravità della situazione coronavirus. Io sono una persona giovane e spero di guarire, ma ieri sono stato al pronto soccorso e ho visto delle cose surreali”. “Sembra di essere in guerra”, continua l’ex cestista, “in sole 4 ore ho visto arrivare più di 50 persone, tutte anziane e tutte con le stesse crisi respiratorie. Una cosa impressionante, vorrei fare i complimenti e un ringraziamento infinito ai dottori, agli infermieri e a chi, in ospedale, sta lavorando, senza orari, per prendersi cura di chi si è ammalato e non può avere il sostegno fisico dei propri parenti. Vi meritate un monumento”. Poi l’accorato appello alle persone fuori, alla gente comune, a coloro i quali hanno preso sottogamba la diffusione di questa pandemia: “Rispettate le regole. Non è un gioco, spero di rivedervi tutti presto, con affetto Matteo Malaventura”.

Gli eroi non sono invincibili

Soldi e fama non garantiscono l’invincibilità, sarà retorico e scontato, ma è davvero così. Le stelle dello sport non sono immuni da un eventuale destino negativo. Uno degli esempi di stretta attualità è quello del campione della Juventus, Paulo Dybala, finalmente guarito dalla malattia, dopo tante settimane di quarantena e di cure. Anche la storia di Matteo Malaventura, nel suo piccolo, è emblematica della vulnerabilità al coronavirus di ognuno di noi, nessuno escluso, nemmeno gli idoli dello sport. L’età non avanzata, come anche per Dybala, non è garanzia di immunità. Ed ecco che Matteo Malaventura, 41 anni, ex giocatore della Nazionale italiana, con un’ottima carriera trascorsa in club come Pesaro, Roma, Bologna e Napoli, scopre la malattia e il dolore, non soltanto fisico, ma soprattutto psicologico. Il timore di non farcela e di non poter abbracciare moglie e figli.

La malattia debellata e l’affetto della famiglia

Pochissimi giorni fa la conferma dai test medici che lo ha fatto rinascere, che ha illuminato il futuro dopo due mesi di buio. Anche il secondo tampone effettuato è risultato negativo. Il coronavirus è stato sconfitto. Finalmente è arrivata l’ora di riabbracciare la sua famiglia, i suoi supereroi, come Matteo Malaventura, lo leggeremo insieme dopo, ha definito affettuosamente la moglie e i figli che lo hanno incoraggiato, a distanza, per tanto tempo, con la tecnologia che è venuta incontro per sentirsi meno lontani. Ma nessuno smartphone o tablet o videochiamata può far star bene come lo stringere a sé chi ti vuole bene in maniera incondizionata.

I ringraziamenti ai medici

Ancora al web, a Facebook, come era accaduto per comunicare il contagio, a metà marzo, è stato affidato il messaggio che tutti aspettavano, la conferma della guarigione, accompagnato da un’altra foto che colpisce, questa volta in positivo. Matteo sorridente con la propria famiglia. “Sono stati due mesi molto difficili”, scrive Matteo Malaventura, “ma la sensazione che provo in questo momento me li ha fatti quasi dimenticare. Vorrei ringraziare, in primis, tutto lo staff sanitario e non dell’ospedale di Pesaro e tutte le persone che mi hanno dimostrato affetto con messaggi e telefonate in questo lungo periodo”. Ed ancora una dedica sentita. “Un ringraziamento particolare va ad una persona speciale, il dottore Nino D’Alicandro, che ha vissuto con me ogni giorno della mia convalescenza, dimostrandosi un gran dottore oltre che un grande amico”. Infine parla il cuore di papà e di marito. “Ho lasciato volutamente per ultimi mia moglie e i miei figli, sono stati i miei super eroi, perché vivere da separati e senza potersi abbracciare, per oltre 45 giorni, non è stato facile nè per me nè per loro. Ora si riparte”.


Un sospiro di sollievo

Tutto è bene quel che finisce bene, come si intitola una celebre commedia di William Shakespeare, ispirata dal “Decamerone” di Giovanni Boccaccio. Proprio così, Matteo Malaventura è tornato a casa e il mondo della pallacanestro ha tirato un sospiro di sollievo. Sono state davvero tante le manifestazioni di solidarietà che sono arrivate, a giocatore e famiglia, in questi due mesi di calvario. Le istituzioni del basket azzurro, gli ex compagni, le società in cui ha militato Matteo Malaventura in carriera, e poi gli appassionati che hanno tifato, nelle varie stagioni, per lui.



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