Rai, Fuortes lascia, l’opposizione attacca. E domani il tavolo (infuocato) sulle riforme istituzionali

Rai, Fuortes lascia, l’opposizione attacca. E domani il tavolo (infuocato) sulle riforme istituzionali

Rai, Fuortes lascia, l’opposizione attacca. E domani il tavolo (infuocato) sulle riforme istituzionali


Sfidare il governo sul tema della modernizzazione del Paese. Ma accanto porre pure il tema della rappresentanza sindacale, con la riforma della legge elettorale. E' l'indicazione emersa dalla segreteria Pd, alla vigilia del confronto sul presidenzialismo

"Prendo dunque atto che non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato. Nell'interesse dell'azienda, ho comunicato le mie dimissioni al ministro dell'Economia e delle Finanze". Queste le motivazioni con cui l'ormai ex amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, ha annunciato la sua decisione al dicastero di via XX Settembre.


Fuortes

"Da decenni - sottolinea Fuortes - lavoro nell'amministrazione pubblica e ho sempre agito nell'interesse delle istituzioni che ho guidato, privilegiando il beneficio generale della collettività rispetto a convenienze di parte". "Nel primo anno di lavoro del nuovo Consiglio di amministrazione con il governo Draghi il Cda - rivendica l'ex ad - ha raggiunto grandi risultati per l'azienda. Per citarne solo alcuni: nuovi programmi e palinsesti che hanno portato tra l'altro a un evidente rilancio di Rai2, la trasformazione organizzativa per Generi, un Piano immobiliare strategico che si attendeva da decenni, un rilevante potenziamento di RaiPlay e dell'offerta digitale". Fuortes però sostiene che "dall'inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai e il Servizio pubblico. Allo stesso tempo ho registrato all'interno del Consiglio di amministrazione della Rai il venir meno dell'atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato, indispensabile alla gestione della prima azienda culturale italiana. Ciò minaccia di fatto di paralizzarla, non mettendola in grado di rispondere agli obblighi e alle scadenze della programmazione aziendale con il rischio di rendere impossibile affrontare le grandi sfide del futuro della Rai".


Il Cda

"Il Consiglio di Amministrazione deve deliberare, nelle prossime settimane, i programmi dei nuovi palinsesti ed è un dato di fatto che non ci sono più le condizioni per proseguire nel progetto editoriale di rinnovamento che avevamo intrapreso nel 2021" continua il dirigente, per poi concludere: "Non posso, pur di arrivare all'approvazione in CdA dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti - sebbene ovviamente legittimi - di linea editoriale e una programmazione che non considero nell'interesse della Rai. Ho sempre ritenuto la libertà delle scelte e dell'operato di un amministratore un elemento imprescindibile dell'etica di un'azienda pubblica. Il mio futuro professionale - di cui si è molto discusso sui giornali in questi giorni, non sempre a proposito - è di nessuna importanza di fronte a queste ragioni e non può costituire oggetto di trattativa".


L’opposizione

Nei giorni scorsi, l'opposizione aveva accusato il governo di aver messo in campo una "norma ad personam approvata dal Consiglio dei ministri per estromettere dal teatro San Carlo di Napoli il sovrintendente Stéphane Lissner per 'offrire il posto' all'attuale amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes", come avevano scritto in una nota Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione parlamentare di Vigilanza Rai e Sandro Ruotolo, responsabile Informazione della segreteria nazionale del Pd. A replicare ci pensa oggi Maurizio Gasparri, senatore forzista e componente della Vigilanza: "È davvero singolare che il pestaggio mediatico al centrodestra venga fatto sugli stessi schermi della Rai, negli spazi dello strapagato Fazio, da Damilano, piazzato in Rai da esterno dalla sinistra, perché rimasto privo di platee giornalistiche dopo le sue diverse giubilazioni. Vediamo insomma i lottizzati che fanno il processo preventivo alla loro controparte politica. Damilano con le tasche piene di soldi Rai e striscia quotidiana sulla tv pubblica, a spese dei cittadini che pagano il canone, si comporta da militante politico, contestando, pagato dalla Rai, e dagli schermi della Rai, principi di democrazia e di pluralismo che noi intendiamo tutelare rispetto alle tipiche lottizzazioni del solito giretto che casca sempre in piedi, a spese degli italiani, negli studi Rai".


Il Pd

Sfidare il governo sul tema della governabilità e della modernizzazione del Paese. Ma, accanto a questo, porre il tema della rappresentanza sindacale, con la riforma della legge elettorale. E' l'indicazione emersa durante il confronto fra la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, e i componenti delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato in vista dell'incontro di domani a Montecitorio con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il Partito Democratico, viene riferito da chi ha partecipato alla riunione con Schlein, andrà all'incontro con una sua proposta che parte da alcuni punti fermi: no all'elezione diretta del presidente del Consiglio e, men che meno, del Presidente della Repubblica. Apertura, invece, all'ipotesi di cancellierato, con un pacchetto di norme che comprende anche la sfiducia costruttiva. Predisposizione al confronto, dunque, sempre che dal governo ci sia una disponibilità non solo di facciata a lavorare assieme. Premessa necessaria, per il Pd, alla luce delle parole del ministro Antonio Tajani: "Se le opposizioni scegliessero l'Aventino commetterebbero un grave errore" e, comunque, "noi andremo avanti, poi ci saranno i referendum e decideranno i cittadini".


Il sospetto

Il sospetto dei Dem è che al fondo della convocazione delle opposizioni ci sia la volontà dell'esecutivo di alzare una cortina di fumo sui dossier più impellenti e delicati per la maggioranza, dal Pnrr alla sanità, passando per i temi del lavoro e alcuni dossier internazionali. Fra questi, anche l'elezione del prossimo segretario Nato. "Il voto per un nome o per un altro dirà molto della collocazione internazionale del Paese". Insomma, quello che i Dem temono è che quello delle riforme sia solo una operazione di distrazione di massa da parte della maggioranza per nascondere le proprie difficoltà. "Dobbiamo vedere se la volontà di dialogo c'è oppure se è solo un modo per guadagnare tempo e distogliere l'attenzione dalle brutte figure che sta facendo il governo", dice Dario Parrini: "Se invece ci sono solo dei feticci ideologici da sventolare, allora vuol dire che non c'è una vera volontà di dialogo". Tra i nodi nel campo della maggioranza, spiega una fonte dem alla Camera, c'è anche quello dell'Autonomia differenziata. Nello stato maggiore dem è opinione diffusa che il dossier sarà portato avanti parallelamente a quello del presidenzialismo, per evitare 'strappi' fra le forze politiche che sostengono il governo, ma anche per rassicurare i territori al Sud, dove l'ipotesi di Autonomia differenziata continua ad alimentare qualche malumore. Assieme a Schlein, domani nella delegazione Pd ci saranno i capigruppo di Camera e Senato, Francesco Boccia e Chiara Braga, e il responsabile Riforme e Pnrr della segreteria dem, Alessandro Alfieri. "La segretaria andrà all'incontro e ascolterà le proposte, perché la maggioranza non ha messo a fuoco una proposta precisa, noi presenteremo le nostre", conferma il responsabile Enti Locali del Pd, Davide Baruffi, dopo la riunione della segreteria di questa mattina. E sempre Baruffi sottolinea l'importanza di coinvolgere gli iscritti in questo processo: "Un grande Pd deve rivolgersi alla sua base per costruire un punto di vista all'altezza dei problemi del Paese”.


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