Ucraina, i corsi e i ricorsi della storia: 23 anni fa il via alle bombe Nato su Serbia e Kosovo

Ucraina, i corsi e i ricorsi della storia: 23 anni fa il via alle bombe Nato su Serbia e Kosovo

Ucraina, i corsi e i ricorsi della storia: 23 anni fa il via alle bombe Nato su Serbia e Kosovo


Una ricorrenza che cade proprio nel mezzo di una nuova guerra piombata sul Vecchio Continente. Il conflitto in Jugoslavia fu il primo dopo il 1945, e quel fatidico 24 marzo 1999 segnò l'inizio di una delle pagine più buie della storia recente dell'Europa

In Europa la fine del mese di marzo coincide con il tragico ricordo dell'avvio dei bombardamenti compiuti nel 1999 sulle città di Belgrado in Serbia e di Pristina in Kosovo da parte di aerei Nato decollati da aeroporti italiani. Una ricorrenza che, a distanza di 23 anni, cade proprio nel mezzo di una nuova guerra piombata sul Vecchio Continente.


Jugoslavia

Il conflitto in Jugoslavia fu la prima vera guerra dopo il 1945, pertanto quel fatidico 24 marzo 1999 segnò l'inizio di una delle pagine più buie della storia recente dell'Europa. Quel giorno, verso le ore 16, la Forza Alleata (Allied Force) della Nato - costituita da Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Canada, Spagna, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Turchia, Paesi Bassi e Belgio - avviò la sua operazione contro la Repubblica Federale di Jugoslavia di Slobodan Milosevic, consistita in una intensa campagna di attacchi aerei durata oltre due mesi, fino al 10 giugno, evitando scrupolosamente l'opzione dell'attacco terrestre. 


Allied Force

L'operazione Allied Force è stata la seconda azione militare nella storia della Nato, dopo l'operazione Deliberate Force del 1995 in Bosnia ed Erzegovina. L'operazione Allied Force è inoltre la prima volta in cui la Nato ha usato la forza militare senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il che ha innescato dibattiti sulla legittimità dell'intervento. Sulla carta l'intervento era teso a riportare la delegazione serba al tavolo delle trattative politiche, che aveva abbandonato dopo averne accettato le conclusioni (Trattato di Rambouillet), e a contrastare lo spostamento della popolazione del Kosovo allo scopo di predisporre una sua spartizione tra Serbia e Albania. Anche se l'esistenza di un piano predisposto a tale scopo non è mai stata provata con sufficiente certezza, resta un fatto che appena iniziarono le incursioni aeree Nato l'esercito serbo attuò operazioni volte a ottenere esodi massicci e compì in taluni casi dei veri massacri.


Kosovo

In Kosovo - allora appartenente alla Repubblica Federale di Jugoslavia - le forze serbe attaccarono i civili kosovari albanesi, massacrandoli e costringendoli a un drammatico esodo nelle vicine Albania e Macedonia. Tuttavia, a compiere violenze ai danni dei cittadini d'etnia serba, già a partire dal 1995, fu la guerriglia dell'UCK - infiltrata anche da veterani musulmani e croati - che mirava all'indipendenza completa del Kosovo. Da marzo 1998 l'escalation della crisi - caratterizzata dall'intensificarsi delle attività dell'UCK e da una occupazione militare progressiva del Kosovo da parte delle forze militari e paramilitari serbe - spinse vari Paesi europei, Stati Uniti e Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad interessarsi più da vicino allo scenario.

Nato

L'operazione Nato si è sviluppata in tre fasi. La prima era volta a togliere alla Serbia ogni capacità di offesa e difesa aerea, tramite il sistematico bombardamento di aeroporti militari, postazioni missilistiche antiaeree e radar. Nella seconda fase gli attacchi aerei alleati si sono rivolti a obiettivi militari generici, con particolare attenzione alle forze serbe presenti nel Kosovo. La terza fase ha avuto come obiettivo primario quello di colpire bersagli civili e militari nel tentativo di paralizzare il Paese, avendo come principali obiettivi i ponti - con alcuni gravi incidenti - e le centrali elettriche, ma anche le telecomunicazioni, per obbligare il governo serbo - sostenuto per un periodo da Russia e Cina - a una resa, e spingere il popolo serbo a fare pressioni sul proprio esecutivo. Tra gli episodi salienti ci fu la prima notte di bombardamenti con attacchi a postazioni militari e aeroporti in Kosovo e nei dintorni di Belgrado, anche con missili da crociera. Fu immediato l'afflusso dei primi profughi kosovari presso le frontiere albanese e macedone. Il 5 aprile 1999 una bomba caduta in un'area abitata causò 17 morti, mentre una settimana dopo il bombardamento di un ponte sul quale transitava un treno provocò 50 vittime. Il 13 aprile l'esercito serbo colpì con l'artiglieria un villaggio di frontiera albanese e l'indomani 75 civili kosovari furono uccisi per errore da aerei Nato. A fine aprile la capitale serba venne bombardata con bombe incendiarie contro il quartier generale del Partito Socialista Jugoslavo e la torre della televisione pubblica serba, causando 16 morti. Nella piccola città di Murino, in Montenegro, sei persone, di cui tre bambini, morirono nel bombardamento di un ponte. Il 1 maggio, 47 civili furono uccisi dopo che il loro bus venne centrato da ordigni mentre attraversava un ponte. L'8 maggio l'ambasciata cinese a Belgrado venne colpita per un probabile errore di intelligence, causando tre morti e un incidente internazionale. Il 13 maggio, dopo un apparente ritiro serbo dal Kosovo, e il ricorso della Serbia contro la Nato per genocidio presso il Tribunale Internazionale dell'Aia - rigettato il 2 giugno - ci furono 60 morti e 80 feriti causati dalla Nato contro il villaggio kosovaro di Korisa. La Nato accusò i serbi di aver usato i civili come scudi umani. Il 21 maggio, circa 100 carcerati morirono durante il bombardamento di un carcere a Pristina.


Milosevic

Il 27 maggio, il Tribunale Internazionale dell'Aia iniziò a indagare su Milosevic e alti ufficiali per crimini di guerra. Tra il 30 e il 31 maggio furono compiute tre stragi di civili in vari bombardamenti Nato che, però negò ogni responsabilità, come nell'ospedale di Surdulica (Sud), con un bilancio di 20 vittime, e nel villaggio di Novi Pazar, con 23 morti. Il 1 giugno il presidente Milosevic accettò le decisioni del G8 e iniziò la pianificazione di una missione di pace in Kosovo. Il 9 giugno lo Stato Maggiore serbo firmò con la Nato l'accordo di Kumanovo sul ritiro dal Kosovo e l'indomani, dopo 78 giorni di bombardamenti, le missioni di attacco furono sospese.


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