Un mondo di plastica: gli ultimi studi pubblicati riportano dati allarmanti sullo stato di salute del pianeta

Un mondo di plastica: gli ultimi studi pubblicati riportano dati allarmanti sullo stato di salute del pianeta

Un mondo di plastica: gli ultimi studi pubblicati riportano dati allarmanti sullo stato di salute del pianeta


Il mondo rischia di essere letteralmente sommerso dalla plastica se non agiamo tutti insieme e tempestivamente

Alzi la mano chi, almeno in passato, non abbia gettato almeno una volta dal finestrino una cicca di sigaretta, un fazzoletto usato o una carta di caramella. Diciamo la verità, la coscienza ecologica è un concetto con il quale stiamo imparando ad avere dimestichezza solo negli ultimi anni, anche se è doveroso ricordare che esistono associazioni che si battono da decenni per la causa ambientale: WWF, Greenpeace, Legambiente, solo per citare i più esposti mediatamente, si occupano dei settori più disparati, dalla tutela degli animali da compagnia alla protezione dei mari, dei boschi, dell’aria. Ma noi tutti siamo chiamati ad una battaglia che parte dall’individualità: dobbiamo abituarci a rispettare l’ambiente partendo dai piccoli gesti quotidiani. Nella nostra vita di tutti i giorni basterà differenziare correttamente i rifiuti, non sprecare acqua o cibo, risparmiare energia elettrica e soprattutto non volgere lo sguardo altrove quando ci troviamo al cospetto di comportamenti incivili, intervenendo ove possibile. Io ed il mio quadrupede, ad esempio, ogni giorno, nelle nostre consuete passeggiate, andiamo a caccia di bicchierini di plastica, dei quali è purtroppo disseminato il parco nelle vicinanze di casa nostra, così un atto di civiltà può trasformarsi anche in una piacevole avventura da ecofighters.


Asia e Stati Uniti detengono il triste primato dei paesi più inquinanti

Sono anni che le associazioni ecologiste di tutto il mondo lanciano grida di allarme per la preoccupante situazione dell’inquinamento ambientale: in particolare fiumi e mari versano in condizioni disastrose. Secondo lo studio River Plastic Emissions to the world’s oceans pubblicato nel 2017 su Nature Communications i fiumi Yangtze, Gange, Xi e Huangpu hanno concentrazioni di plastiche più alte di qualsiasi altro fiume al mondo: l’Indonesia è tra i Paesi che contribuiscono di più all'inquinamento, mentre l’Europa arriva a 3.900 tonnellate all’anno, corrispondenti allo 0,28% del totale. Ma se del continente asiatico siamo ormai tristemente abituati al primato dell’inquinamento ambientale, forse qualcuno si stupirà un po' di più del ventesimo posto nel mondo attribuito agli Stati Uniti per l’inquinamento da plastica degli oceani, causato dalla mal gestione dei rifiuti, come si può appurare dallo studio Plastic waste inputs from land into the ocean, pubblicato nel 2015 su Science. Inoltre, il recente The United States’ contribution of plastic waste to land and ocean, pubblicato a fine ottobre su Science Advances da un team di ricercatori statunitensi rivela che l’esportazione di rifiuti di plastica all’estero nasconde il vero contributo degli Stati Uniti alla crisi dell’inquinamento da plastica e che essi sono in realtà una delle principali fonti di questi rifiuti. Sebbene gli Stati Uniti rappresentino solo il 4% della popolazione mondiale, nel 2016 hanno prodotto il 17% di tutti i rifiuti di plastica del mondo con una media pro capite quasi doppia rispetto a quella di un cittadino dell’Unione Europea. Più della metà di tutta la plastica raccolta per il riciclaggio negli Stati Uniti è stata spedita all’estero: l’88% delle esportazioni è stato destinato a paesi che faticano a smaltirla, stando agli scienziati che hanno partecipato allo studio più recente sui dati della produzione di plastica del 2016. Circa un milione di tonnellate di rifiuti di plastica prodotte negli Stati Uniti hanno finito per inquinare l’ambiente all’estero.


Un problema che va affrontato tempestivamente

Aldilà della ricerca dei principali responsabili dell’inquinamento ambientale da plastica, il dato incontrovertibile è che tutti quanti dobbiamo produrre meno rifiuti. Innanzitutto bisogna eliminare ciò che non sia strettamente necessario, come ad esempio le plastiche mono uso. Bisogna produrre meglio, sviluppando modi innovativi per imballare e consegnare le merci e, ove l’utilizzo della plastica fosse inevitabile, doveroso appare migliorare drasticamente i tassi di riciclaggio. Le tonnellate di plastica che finiscono negli ambienti costieri con elevata probabilità si riverseranno nei mari e negli oceani, portate dal vento o attraverso i corsi d’acqua. Se vogliamo che il mondo, così come lo conosciamo, abbia una speranza di sopravvivenza, più che puntare il dito contro il capro espiatorio di turno, dobbiamo prestare attenzione anche al nostro personale impatto sull’ambiente, assumendoci la responsabilità di inquinare meno. Se negli anni del cosiddetto boom economico ci si concentrava solo sulla produzione e sull’industrializzazione dei paesi, mentre nessuna attenzione veniva data all’ambiente, al giorno d’oggi un atteggiamento tanto miope e disinteressato non è più giustificabile. Infine un’ultima raccomandazione, in tempi di pandemia: le mascherine vanno posizionate sulla faccia, non gettate a terra. Io uso quelle di stoffa, lavabili e riutilizzabili. E l’ambiente ringrazia.  ambiente, inquinamento ambientale, environment, plastica, rifiuti, consumo consapevole, care, benessere, salute,

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