Afghanistan, alle donne sarà impedito di frequentare l’università. Lo ha annunciato il rettore dell’Ateneo di Kabul

Afghanistan, alle donne sarà impedito di frequentare l’università. Lo ha annunciato il rettore dell’Ateneo di Kabul

Afghanistan, alle donne sarà impedito di frequentare l’università. Lo ha annunciato il rettore dell’Ateneo di Kabul


29 settembre 2021, ore 15:00

Ulteriore stretta nei confronti delle donne afghane. Il neorettore dell’Università di Kabul, nominato dai talebani, ha annunciato che le donne non potranno frequentare l’Ateneo

Università vietata per le donne afghane. È l’ultima notizia che arriva dal regime talebano. L’annuncio è stato dato dal rettore dell’Ateneo di Kabul, Mohammad Ashraf Garait. “A causa della carenza di docenti donne, stiamo lavorando a un piano affinché i professori maschi possano insegnare alle studentesse da dietro una tenda nelle classi. In quel modo verrebbe creato un ambiente islamico che permetterebbe alle studentesse di studiare”, scrive Garait su Twitter. “Finchè non avremo creato questo ambiente islamico, le donne dovranno restare a casa”.

“LAVORIAMO DURAMENTE PER CREARE UN VERO AMBIENTE ISLAMICO”

Islam first. Con un slogan stile Donald Trump, Garait giustifica le nuove misure di segregazione contro le donne in Afghanistan. Con una serie di tweet, il neorettore dell’Università di Kabul nominato dai talebani ha concretizzato le paure delle studentesse afghane. Sin dal suo insediamento, il neoregime era rimasto vago circa l’istruzione femminile. Da quanto si era capito, alle ragazze sarebbe stato concesso l’accesso all’istruzione primaria e all’università. L’unica limitazione imposta era la divisione in classi maschili e femminili. Adesso, invece, il cambio di rotta. Garait ha tentato però di rassicurare l’opinione pubblica mondiale: “Sono stato frainteso. Innanzitutto, le università sono chiuse non solo a Kabul ma in tutto il Paese. Poi, per il momento anche gli uomini non stanno frequentando le lezioni. I miei tweet volevano spiegare il perché le università sono chiuse. Stiamo lavorando duramente per creare un vero ambiente islamico, poi tutto sarà riaperto”. Ha poi concluso: “Vi prego di non preoccuparvi e di mantenere la calma”.

UN PROBLEMA ANCHE ECONOMICO

Una misura temporanea, quindi. Ma non ci si può fidare delle rassicurazioni dei talebani. Già durante la loro prima conferenza stampa avevano garantito il “rispetto dei diritti delle donne sotto il sistema della sharia”: una dichiarazione di intenti che andava in direzione diametralmente opposta alle violenze perpetrate dalla fazione ora al potere nel Paese. E anche se il gruppo volesse mantenere le proprie promesse, la difficile situazione economica in cui versa l’Afghanistan potrebbe impedire il rientro delle afghane in università. Ma con il ritiro degli aiuti economici stranieri e un sistema bancario vicino al collasso il governo non ha i soldi per pagare i docenti. Anche se gli Atenei venissero riaperti, potrebbero non esserci professoresse.


OLTRE DUECENTO GIUDICI DONNE COSTRETTE A NASCONDERSI

A preoccupare non è solo il trattamento riservato alle studentesse. Come ha riportato la Bbc, in questo momento ci sono 220 giudici donne costrette a nascondersi dai miliziani dell’Emirato Islamico. Si tratta di coloro che negli ultimi anni hanno contribuito a condannare centinaia di uomini per crimini contro le donne: stupri, violenze e omicidi. E ora che molti di questi criminali sono tornati in libertà per mano dei talebani, le oltre duecento afgane sono costrette a nascondersi e spostarsi ogni tre-quattro giorni per paura di ritorsioni. La repressione nei confronti delle donne, però, sta costando cara ai talebani: le violenze portate avanti dal gruppo allontanano ancora di più la possibilità di ottenere una legittimazione internazionale, senza la quale è ben difficile che riescano a mantenere un controllo stabile sul Paese. La mancanza di un appoggio esterno è stata confermata anche durante l’assemblea dell’Onu: il paese si è ritirato dopo che il nuovo inviato dei talebani non è stato riconosciuto al posto dell’ambasciatore nominato dall’ex presidente Ashraf Ghani.




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