Bimba morta a Milano, Alessia Pifferi resta in carcere: "Volevo un futuro con il mio compagno"

Bimba morta a Milano, Alessia Pifferi resta in carcere: "Volevo un futuro con il mio compagno"

Bimba morta a Milano, Alessia Pifferi resta in carcere: "Volevo un futuro con il mio compagno"


23 luglio 2022, ore 18:54

La donna rimarrà in carcere con l'accusa di omicidio volontario nella forma omissiva aggravato dai futili motivi. Il gip: "La morte della bambina non era il suo scopo ma l'ha voluto"

Alessia Pifferi, la donna di 36 anni che ha lasciato morire di stenti la sua bimba di sedici mesi, abbandonata nel suo appartamento di Milano, resterà in carcere come ha disposto il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice. A seguito dell'interrogatorio, che si è tenuto ieri nel carcere di San Vittore, il gip ha deciso questa mattina di convalidare il fermo e di disporre per la donna la custodia cautelare in carcere per omicidio volontario nella forma omissiva aggravato dai futili motivi. Il giudice ha escluso dunque l'aggravante della premeditazione contestata dalla Procura e ha qualificato l'omicidio volontario nell'ipotesi dell'omissione. Inoltre, tra le esigenze cautelari contestate c'è il pericolo di reiterazione del reato, perché la donna è ritenuta una persona pericolosa.

LE DICHIARAZIONI DI ALESSIA PIFFERI

"Avvertivo l'esigenza di respirare e di avere spazi miei. Mi sentivo stanca... si, avevo paura che la bimba potesse morire, dall'altra parte però avevo paura anche della reazione del giudizio negativo di mia sorella e della reazione del mio compagno Angelo Mario D'Ambrosio, con cui ero appena tornata insieme. Se ora ci ripenso la mia percezione è che quelle due paure avessero pari forza senza che una fosse prevalente sull'altra". Così Alessia Pifferi, interrogata dal gip Fabrizio Filice, ha tentato di giustificare il suo comportamento. "Io ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con lui (il compagno) e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire; è per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire".

IL GIP: " LA MORTE DELLA BAMBINA NON ERA IL SUO SCOPO MA L'HA VOLUTO"

Secondo il gip, la donna non si è limitata a prevedere e accettare "il rischio" che la piccola morisse ma, "pur non perseguendolo come suo scopo finale, alternativamente" lo ha voluto, come è risultato anche da varie dichiarazioni del suo interrogatorio, tra cui, come sintetizza il giudice, anche riferimenti alla "paura" e "all'orgoglio di non chiedere aiuto alla sorella". Sorella che avrebbe potuto "in qualsiasi momento andare nel suo appartamento a soccorrere la figlia”. Pifferi - prosegue il gip - aveva una "forma di dipendenza psicologica dall'attuale compagno, che l'ha indotta ad anteporre la possibilità di mantenere una relazione con lui anche a costo dell'inflizione di enormi sofferenze" alla bimba. Con una "condotta dall'impatto intrinsecamente ed estremamente violento, anche se non in forma commissiva, nei confronti della persona in assoluto più vulnerabile". La "sensazione di essere libera", scrive il gip, "finalmente sollevata per un po' dal peso di essere, come più volte ha ripetuto, una 'ragazza madre'" ha rappresentato per Pifferi una "indiscutibile urgenza". Un'urgenza che, secondo il giudice, si era persino "accresciuta" negli ultimi giorni quando la bimba non era stata bene per il caldo, "era più capricciosa e aveva dormito meno la notte". Probabilmente per questo la donna "decide di anticipare il weekend e partire già giovedì" 14 luglio, lasciando Diana da sola. Vuole, stando all'ordinanza, a tutti i costi "preservare quella relazione già in crisi". In quei sei giorni, spiega ancora il gip, Pifferi "è passata da uno stato iniziale di superficiale incoscienza", perché già altre volte l'aveva abbandonata per dei fine settimana e la piccola si era salvata, "a uno stato di consapevolezza molto più profondo che l'ha portata a ritenere praticamente certa, o altissimamente probabile, la morte". Nell'escludere l'aggravante della premeditazione, che veniva contestata dalla Procura, il giudice comunque chiarisce che "il quadro potrebbe decisamente cambiare se dall'indagine autoptica, al momento ancora in corso, risultasse" che la madre abbia "somministrato" benzodiazepine alla piccola (in casa è stata sequestrata una boccetta mezza vuota di En). 


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