Candy Candy Revolution, l’analisi a tutto tondo di un’icona della cultura pop anni ’80: Ariase Barretta ci racconta il suo libro

Candy Candy Revolution, l’analisi a tutto tondo di un’icona della cultura pop anni ’80: Ariase Barretta ci racconta il suo libro

Candy Candy Revolution, l’analisi a tutto tondo di un’icona della cultura pop anni ’80: Ariase Barretta ci racconta il suo libro   Photo Credit: "Candy Candy Revolution" di Ariase Barretta, Odoya


19 novembre 2025, ore 10:00

Un tuffo nei ricordi a base di nostalgia per i più grandi, e una bella possibilità per i più giovani per confrontarsi con un personaggio degli anime dalla grandissima stratificazione di contenuti

Gli anni ’80, per quanto riguarda la cultura pop di provenienza nipponica, hanno visto il proliferare di una grande quantità di personaggi d’animazione. Gli anime, questa la tipologia di contenuti multimediali – volgarmente detti “cartoni animati” – che arrivano dal Giappone, hanno mosso i loro primi passi tra il pubblico mainstream proprio in quei frangenti. Consacrando quelli che poi, col tempo, sarebbero divenuti dei miti indiscussi, nonché punti di riferimento per più di una generazione.

Tra questi va annoverata sicuramente Candy Candy, un personaggio dalle alterne fortune nato (nel 1975) dal genio di Kyoko Mizuki e che ha preso forma grazie ai disegni di Yumiko Igarashi. Ed è un personaggio senza tempo e dalle mille sfumature che, in occasione dei suoi quarantacinque anni dalla prima trasmissione italiana, viene celebrato e analizzato da Ariase Barretta nel suo “Candy Candy Revolution”, pubblicato da Odoya.

CANDY CANDY REVOLUTION, UN ANIME DAI MILLE VOLTI

Ciao Ariase, come faccio sempre lascio a te la parola per le presentazioni di rito. Cosa troviamo in "Candy Candy Revolution"?

“Ciao Dario, Candy Candy Revolution è sostanzialmente un saggio di psicologia della letteratura dedicato al famoso anime andato in onda in Italia negli anni '80. Il taglio è divulgativo, tuttavia ho lavorato molto per cercare un equilibrio tra la leggibilità, diciamo pure tra una certa leggerezza, e l'accuratezza dei contenuti in termini di metodologia scientifica, soprattutto in relazione alla ricostruzione dei profili dei vari personaggi, del contesto storico e degli aspetti sociologici che fanno da contorno alla narrazione. Sono molto contento del risultato finale e i riscontri positivi parte dei lettori stanno pienamente premiando i miei sforzi.”

Mi sposto subito sull'apertura del tuo libro, in cui fai un'affermazione importante e che sai che stuzzicherà il famigerato vespaio: "Candy Candy è la Anna Karenina degli anime". A questo punto la domanda è d'obbligo: perché?

“Innanzitutto vorrei chiarire un aspetto importante: Candy Candy è un'opera transmediale che si sviluppa, principalmente, attraverso tre canali: un romanzo, un manga e un anime. Si tratta, quindi, di un personaggio letterario a tutti gli effetti. Ma non è solo il fatto che alla base di tutto vi sia un romanzo a renderla tale. Io considero il fumetto una forma letteraria (e d'arte) di prima grandezza e non capisco come si possa pensare il contrario. Aggiungo che pochissimi personaggi, negli ultimi cinquant'anni, hanno avuto un impatto così forte sull'immaginario giovanile. Nei primi anni '80 Candy Candy si trasformò in un fenomeno sociale (e di marketing) in moltissimi paesi del mondo, soprattutto in Italia, Francia e America Latina. Il merchandising legato a quest'opera raggiunse proporzioni enormi: bisognerà poi aspettare il successo di Harry Potter per assistere a qualcosa di simile.”

Candy Candy è un personaggio che ha una sua precisa fanbase, ormai adulta. Per quanto non manchino estimatori anche tra i più giovani. Se dovessimo presentarla al pubblico contemporaneo, come la definiresti e come la descriveresti?

“Una ragazzina che incarna una serie di valori a cui si dà sempre meno importanza: senso dell'empatia, solidarietà, rispetto per gli altri, generosità, amore per la natura. Tutte caratteristiche a cui sempre più persone guardano con sospetto, come se preoccuparsi di giustizia e questioni sociali fosse una cosa negativa. In effetti, oggi Candy sarebbe considerata un soggetto woke. Ciò che più mi piace del suo carattere, a ogni modo, è la capacità di resistere alle avversità, il forte senso di autodeterminazione e lo spirito di assoluta libertà. Basti pensare che a un certo punto della storia rinuncia all'adozione da parte di una famiglia ricca pur di poter scegliere e seguire autonomamente la propria strada.”

Ogni tipologia di contenuto, dal cinema ai fumetti, passando per videogiochi e produzioni multimediali più in generale, è figlio del tempo in cui è uscito per la prima volta. Pensi che Candy Candy parli ancora oggi ai più giovani? Oppure, qualora ce ne fosse bisogno, potrebbe essere utile una "Candy Candy 2.0"? E se sì, in che cosa dovrebbe "aggiornarsi" secondo te?

“In generale, sono un po' contrario agli aggiornamenti. Le energie degli autori dovrebbero concentrarsi su cose nuove piuttosto che sul rifacimento di ciò che esiste già (e che era perfetto nel momento in cui era stato creato). A ogni modo, credo che Candy oggi potrebbe parlare solo a una piccola parte dei giovani, con tutta probabilità la maggior parte di essi la considererebbe troppo ingenua, persino eccessivamente buona. Temo che le sua tendenza a perdonare chi le ha fatto del male potrebbe essere interpretata come una forma di debolezza e non come la capacità di lasciare andare, di liberarsi degli effetti tossici del rancore. In sostanza, quello che è uno dei punti di forza del suo profilo psicologico potrebbe essere interpretato come un punto debole. Una Candy 2.0 dovrebbe correggere questo aspetto e, di conseguenza, non sarebbe più Candy. Tanto varrebbe chiamarla con un altro nome.”

UN LAVORO DI CESELLO PER DEFINIRE AL MEGLIO IL PERSONAGGIO DI CANDY CANDY

Nel tuo libro vai a scandagliare con attenzione - evidentemente frutto di grande passione - ogni aspetto del personaggio e della sua narrativa. Quanto lavoro (e tempo) ti è stato necessario per riuscire a mettere insieme tutto?

“Raccogliere il materiale necessario a elaborare le tesi che propongo nel mio saggio ha richiesto moltissimo tempo. Ho letto (o riletto) numerosi testi e articoli di psicologia, ma anche di storia culturale, di critica letteraria, di storia della letteratura e persino di storia della moda. Di Louise Labé, la poetessa preferita di Candy, per esempio, avevo solo sentito parlare e devo dire che è stato davvero un piacere scoprire la sua opera. La parte più sostanziale a ogni modo è stata la ricerca relativa alla ricostruzione dei profili dei vari personaggi. Le tematiche affrontate sono davvero tante e analizzarle tutte non è stato facile. Nell’arco della stessa giornata mi capitava di scrivere di teorie dell’attaccamento, di dissociazione, di differenziazione del sé e di tanti argomenti legati alle neuroscienze cognitive... Le teorie della personalità sono numerose e anche piuttosto complesse, soprattutto se consideri che io non sono uno psicologo - e non ho nessuna pretesa di passare per tale - bensì un semplice cultore della materia. Per fortuna sono molti anni che per passione mi interesso a questi argomenti e ho ormai acquisito una certa dimestichezza con il cosiddetto DSM-5 (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) uno strumento davvero utile e interessante. Insomma, da quando ho maturato l’idea di dedicare un saggio a Candy Candy al momento della pubblicazione sono passati più di tre anni. Gli ultimi mesi sono stati i più duri: volevo assolutamente che li libro uscisse in tempo per celebrare i 50 anni dell’opera.”

Normalmente chiedo "se il tuo libro fosse una canzone, quale sarebbe", ma qui dobbiamo fare di necessità virtù e modificare il tiro. Da esperto del personaggio chiedo dunque a te di identificare il personaggio di Candy Candy con una canzone: se dovessi sceglierne una che la descriva - per sonorità o anche per contenuti - quale potrebbe essere?

“Non ho dubbi: "On the sunny side of the street", che è anche la canzone della mia vita. Io amo in particolare la versione di Orlando L. Johnson e sono certo che anche Candy la amerebbe. Nei primi anni '80 era la sigla di una rassegna di film intitolata "E adesso musical", che ricordi! Li guardavo insieme a mia madre. Ricordo in particolare Papà Gambalunga, con Fred Astaire e Leslie Caron. Pochi lo sanno, ma Keiko Nagita si è ispirata proprio a Papà Gambalunga per scrivere Candy Candy. A ogni modo, visto che parliamo di canzoni colgo l'occasione per spendere qualche parola anche sulla prima sigla italiana di Candy, quella dei Rocking Horse: davvero bellissima, sia per gli arrangiamenti che per la melodia, con un ritornello indimenticabile. Chi ha più di 50 anni e non lo sta cantando in questo momento mente.”

Dopo un lavoro importante come questo arriva il momento del riposo o sei già proiettato verso altri progetti?

“Riposo? No, impossibile. Non so vivere senza studiare e scrivere. In primavera esce in Spagna un mio saggio sul tema della queer art, in particolare sull'esperienza delle Yeguas del Apocalipsis, un collettivo di scandalose travestite cilene che si dedicavano all'arte performativa in piena dittatura. Ne faceva parte lo scrittore Pedro Lemebel, famoso anche in Italia grazie al romanzo Ho paura torero. Nel frattempo ho quasi finito un nuovo romanzo al quale lavoro da moltissimi anni.”


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