Cassazione, il saluto romano è reato se integra il pericolo fascita

Cassazione, il saluto romano è reato se integra il pericolo fascita

Cassazione, il saluto romano è reato se integra il pericolo fascita


18 gennaio 2024, ore 19:30

Disposto un nuovo processo di Appello nei confronti di otto militanti di estrema destra

Per il saluto romano va contestata la 'legge Scelba' sull'apologia del fascismo ma non quando è commemorativo.  Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Cassazione con la sentenza con cui hanno disposto un nuovo processo di Appello nei confronti di otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto romano nel corso di una commemorazione a Milano il 29 aprile 2016. Gli imputati erano stati assolti in primo grado nel 2020 per l'insussistenza dell'elemento soggettivo e poi condannati nel 2022. Il 'saluto romano' è un rituale evocativo di una gestualità che per i giudici è idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista. "Le sezioni unite della Cassazione dichiarano che il saluto romano è punibile dalla legge Scelba solo quando per le circostanze concrete della sua esplicazione e manifestazione ci sia reale e concreto pericolo di ricostituzione del partito fascista. Cosa che ovviamente non è nella cerimonia commemorativa del presente", ha dichiarato l'avvocato Domenico Di Tullio difensore di due fra gli imputati per il saluto romano durante la commemorazione avvenuta a Milano nel 2016. ''Il saluto romano fatto da oltre 40 anni nel corso di commemorazioni di defunti e vittime del terrorismo non è reato. Per la contestazione della Legge Mancino è necessario che ci sia un'organizzazione che ha tra gli scopi la discriminazione razziale e la violenza razziale. Non è il caso del presente e del saluto romano che non ha i requisiti della riorganizzazione né di discriminazione. Non è dunque sussumibile nelle due fattispecie ipotizzate'', ha concluso l’avvocato Di Tullio.


Aggressione a Napoli, ai domiciliari tre esponenti di Casa Pound

Tre esponenti napoletani di CasaPound sono finiti ai domiciliari e ad un quarto è stato notificato un divieto di dimora, nell'ambito di una inchiesta sull'aggressione subita a Napoli nell'ottobre scorso da un fotografo che indossava una spilla con un logo antifascista sul giubbotto. Agli indagati vengono contestati dalla Digos e dal pm Fabrizio Vanorio i reati di rapina e lesioni aggravate, porto di oggetti atti a offendere e la ricettazione.



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