Coronavirus, uno studio ha stimato che, a lungo termine, sono maggiormente a rischio le persone tra i 40 e i 50 anni

Coronavirus, uno studio ha stimato che, a lungo termine, sono maggiormente a rischio le persone tra i 40 e i 50 anni

Coronavirus, uno studio ha stimato che, a lungo termine, sono maggiormente a rischio le persone tra i 40 e i 50 anni


11 aprile 2020, ore 14:12

E' necessario mantenere lo stato di allerta per la sicurezza anche dei più giovani, più a rischio di quanto si pensasse

Alcuni studiosi hanno rilevato un tasso di ospedalizzazione, a causa di sintomi dovuti al contagio da Covid19 o SARS-CoV-2, più elevato delle aspettative per le fasce di età intermedie.


Lo studio su “The Lancet”

Secondo uno studio pubblicato su The Lancet Infectious Diseases, rivista scientifica inglese, le persone tra i 40 e i 50 anni non possono considerarsi al sicuro rispetto ad un contagio da coronavirus e relativi sintomi. Lo studio propone un insieme di dati che hanno rivelato come quasi il 5% delle persone rientranti nella fascia di età sopra citata, contagiati da Sars-CoV-2, sviluppino sintomi così gravi da richiedere l’ospedalizzazione. La ricerca è stata intrapresa nella Cina continentale e si è focalizzata su decessi e ricoveri, andando a confermare una mortalità media pari all’1%. A condurlo dei ricercatori dell’MRS Centre for Global Infectious Disease e dell’Abdul Latif Jameel Institute for Disease and Emergency Analytics. Hanno collaborato anche i ricercatori dell’Università di Oxford e della Queen Mary University of London. Gli studiosi hanno deciso di partire da un quadro generale per poi procedere verso dinamiche più specifiche. Si sono, dunque, individuati i primi passi della diffusione del virus, il cui inizio si è registrato a Wuhan, e i suoi primi focolai, a partire da febbraio 2020, in Italia e Stati Uniti, per poi arrivare nella maggior parte del mondo. Successivamente, tramite una serie di procedimenti, sono riusciti ad ottenere una stratificazione per età del rapporto di mortalità e di ospedalizzazione.

I risultati dello studio

L’analisi è stata svolta su 70.806 casi di cui 70.117 diagnosticati clinicamente nella Cina continentale mentre i restanti 689 sono stati rilevati tra le persone evacuate da Wuhan. L’obiettivo era stimare il tempo che intercorre tra l’insorgere dei sintomi e la morte o la dimissione dall’ospedale. L’ospedalizzazione avviene nel momento in cui si presentano una serie di sintomi: gli studi clinici sui pazienti ospedalizzati hanno sottolineato come, nelle prime fasi di diffusione del Covid-19, i pazienti abbiano mostrato sintomi come febbre, tosse, mal di gola e affaticamento, tipici di una polmonite virale mentre, successivamente, si siano sviluppate sintomatologie più gravi come dispnea e insufficienza respiratoria. I risultati raggiunti da questo studio, tramite rilevazione di dati e statistiche, riguardano il tasso di mortalità e il tasso di ospedalizzazione. Entrambi crescono drasticamente all’aumentare della fascia di età presa in considerazione. La mortalità, infatti, è stimata pari allo 0,0016% per gli under 10 fino ad un 7,8% per le persone che superano gli 80 anni. L’ospedalizzazione, invece, è pari allo 0,04% per i giovani tra i 10 e i 19 anni mentre è pari al 18% per coloro che superano gli 80 anni. Inoltre, si è registrato un aumento del tasso di ospedalizzazione nei gruppi di età intermedi, tra i 40 (pari al 4%) e i 50 anni (pari all’8%) che, pertanto, non possono rientrare a pieno titolo nella categoria dei meno a rischio. Tra i soggetti a più alto rischio di malattie gravi e morte, tuttavia, restano i soggetti di età superiore ai 60 anni e persone con patologie pregresse come diabete, cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie.


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