Distopia o realtà? Può una serie, realizzata prima dell’esplosione della pandemia, predire il futuro?

Distopia o realtà? Può una serie, realizzata prima dell’esplosione della pandemia, predire il futuro?

Distopia o realtà? Può una serie, realizzata prima dell’esplosione della pandemia, predire il futuro?


24 aprile 2021, ore 10:00

Parliamo della serie La Barriera, in onda su Netflix, il cui titolo originale è La Valla

La serie

La barriera-il cui titolo originale è La valla- è una delle ultime serie in lingua spagnola proposte da Netflix che ha destato la mia curiosità e catturato totalmente la mia attenzione già dopo la prima puntata dell’unica stagione. La serie in realtà ha debuttato l'11 settembre del 2020, data in cui ricorre l’indimenticabile anniversario degli attentati alle torri gemelle del 2001, chissà se per pura casualità o ali contrario per volontà di palesare da subito la drammaticità della tematica trattata. I fatti hanno luogo in Spagna, nel 2045, epoca in cui una crescente scarsità di risorse naturali trasforma le democrazie occidentali in regimi dittatoriali, che giustificano la mancanza di libertà con la promessa di garantire la sopravvivenza dei cittadini. Se già intravedete sinistre coincidenze con la situazione che stiamo vivendo attualmente, aspettate di conoscere il seguito: un virus sconosciuto sta devastando la Spagna, la capitale Madrid è divisa in due regioni, rispettivamente il Settore 1, abitato dal governo e dai privilegiati ed il Settore 2, dove vivono tutti gli altri abitanti. L'unico modo per passare da una zona all'altra è attraversare la barriera di recinzione che le separa, per la quale è richiesto un pass normativo ed un trattamento di igienizzazione.


Sinossi e caratteristiche

Sullo sfondo di una Madrid irriconoscibile e militarizzata, si svolge la storia di una famiglia che fatica a ricongiungersi e che per sopravvivere si macchierà di una serie di crimini che li inseguirà fatalmente per tutta la durata della vicenda. La famiglia originaria è composta da due gemelle, costrette a separarsi dal padre quando sono bambine. Le ragazze vengono cresciute da una madre forte e battagliera, che non perde mai la speranza di poter riconquistare la libertà. Le due sorelle sono interpretate da Olivia Molina, figlia di Angela Molina, indimenticabile protagonista di Quell’oscuro oggetto del desiderio di Luis Buñuel. La piccola Marta, figlia di una delle due sorelle che muore a causa del virus, viene rapita dal governo e destinata ad un centro di ricerca medica per fungere da cavia insieme ad altri bambini, sui quali vengono sperimentati antidoti e cure nel tentativo di trovare un vaccino contro il virus mortale e garantire così la sopravvivenza del genere umano. Non è la prima volta che i bambini hanno la peggio in queste serie distopiche, basti pensare al crudele destino degli infanti in The handmade’s tale, strappati da neonati alle braccia delle madri naturali per essere cresciuti da sconosciute facoltose, incapaci di procreare. Ma per scoprire se il mondo riuscirà a ritrovare una dimensione umana ed a sfuggire alla tirannia, si dovrà attendere la seconda stagione, ammesso che venga realizzata, nonostante il grande successo ottenuto in patria.


Qualche riflessione

In rete si possono trovare commenti contrastanti rispetto al gradimento di questa prima serie: qualcuno, ad esempio, paragona l’atmosfera del set ai toni della soap, lamentando evidentemente la mancanza di crudezza, che troviamo ad esempio in una serie altrettanto distopica quale Snowpiercer. Le motivazioni che portano alla condizione rappresentata nella serie sono effettivamente assenti, nel senso che non è stato approfondito, magari volutamente, l’aspetto socio-politico e pandemico, ma se dovessimo raccontare tra una ventina d’anni la situazione al limite del surreale che oggi stiamo vivendo, siamo sicuri che saremmo in grado di tradurla in parole o di renderla comprensibile ai posteri? Una fiction, il cui scopo precipuo è quello di intrattenere, raramente può indurre a riflessioni complesse, ma questa ha certamente il pregio di mettere quanto meno la pulce nell’orecchio anche ai più reticenti. 

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