09 novembre 2016, ore 09:20
, agg. alle 17:30
Il direttore Luigi Tornari analizza le presidenziali americane
Donald Trump ha vinto contro tutti e tutto. Ha scalato dall’esterno il partito Repubblicano. Nessuno lo voleva e ha vinto le primarie. Da candidato ha battuto la favorita della vigilia. Ha vinto contro i media senza l’appoggio di nessun grande quotidiano americano e senza l’appoggio di alcuna rete televisiva. Nessun governo europeo lo voleva. Sicuramente ha parlato e convinto la maggioranza degli americani che lo ha portato alla Casa Bianca. Esce a pezzi Hillary Clinton. Perde senza appello. Una disfatta. Aveva ragione chi voleva l’ex hippies Sanders al posto di una donna che non è piaciuta, per esempio, alle donne americane. Donald Trump sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti. E’ stato votato dalla maggioranza degli aventi diritto della più grande democrazia del mondo ed è stato votato sulla base di un programma di governo specularmente antitetico ai due mandati di Obama.
Oggi è il 9 novembre non un giorno a caso. Nel 1989 cadeva il muro di Berlino. Oggi negli Stati Uniti un outsider, che da programma elettorale vuole costruire muri sia reali sia di protezionismo economico, diventa l’uomo più potente del mondo. Non è detto che applichi alla lettera quel programma. La retorica populista è stata perfetta per vincere le elezioni. La maggioranza dei cittadini statunitensi, risultati alla mano, voleva questo. Voleva sentirsi dire quelle parole. Governare il più grande e potente paese del mondo, però, sarà un’altra cosa. E già il suo primo discorso da Presidente in pectore è stato più rassicurante e riconciliante che non populista.