Governo, Draghi dice no al rimpasto e al grande centro, escludendo un suo impegno politico nel 2023

Governo, Draghi dice no al rimpasto e al grande centro, escludendo un suo impegno politico nel 2023

Governo, Draghi dice no al rimpasto e al grande centro, escludendo un suo impegno politico nel 2023


11 febbraio 2022, ore 18:30

Intanto riforma del Consiglio superiore della magistratura e una stretta per quelle toghe impegnate in incarichi politici o amministrativi: via libera del Cdm al pacchetto di ritocchi in materia di giustizia messo a punto dalla ministra Marta Cartabia

Mario Draghi torna in conferenza stampa dopo il periodo di passione del Quirinale, e sostiene che il governo è efficiente, e va avanti senza rimpasti sulle sfide importanti: cioè la lotta alla pandemia, il rilancio della crescita, e le misure contro l'inflazione”. Il premier poi esclude di essere nel 2023 il federatore di un nuovo centro, e rivolgendosi ai molti politici che lo vorrebbero in uno dei tanti posti in giro per il mondo, dice che “se decidesse di continuare a lavorare, un lavoro può trovarlo da solo”.


La riforma

Riforma del Consiglio superiore della magistratura e una stretta per quelle toghe impegnate in incarichi politici o amministrativi: via libera del consiglio dei ministri al pacchetto di ritocchi in materia di giustizia messo a punto dalla ministra Marta Cartabia che, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha parlato di "riforma ineludibile. Per una ragione imminente, la scadenza del Consiglio attualmente in carica (prossimo luglio, ndr), e per stare al fianco dei magistrati nel percorso di rinnovamento e di recupero della piena fiducia e credibilità, su cui c'era stato un richiamo importante del presidente della Repubblica".


Le porte girevoli

"Abbiamo messo mano al sistema elettorale del Csm - ha spiegato Cartabia -, riscritto il capitolo delle cosiddette 'porte girevoli' per i magistrati che entrano in politica, modificato in modo incisivo le modalità di nomina del Csm e dei vertici apicali per evitare 'nomine a pacchetto' e accordi non virtuosi e affrontato anche diversi altri temi, come la valutazione di professionalità". "Sugli obiettivi della riforma, quale mettere un argine a 'casi Palamara' - ha detto la Guardasigilli - c'è unanimità di vedute in Parlamento, basterebbe misurare la necessità della riforma. E c'è stata condivisione assoluta sui nodi della disciplina vigente sui cui intervenire, come ad esempio le 'porte girevoli' per i magistrati che entrano in politica. Ci sono state differenze, alcune ancora permangono e saranno affrontate in Parlamento, sulla gradazione delle misure". In particolare, "i magistrati che entrano in politica per via elettorale o per via di incarico poi non possono tornare a svolgere funzioni giurisdizionali. La modifica di oggi introdotta in consiglio dei ministri è quella per cui per gli incarichi tecnici questo divieto vale se l'incarico stesso dura almeno un anno". Di fatto sarà vietato esercitare contemporaneamente le funzioni giurisdizionali, e quelle legate a incarichi elettivi e governativi (a livello nazionale e locale), come invece succede oggi. I magistrati che scelgono di presentarsi alle elezioni non potranno farlo nelle regioni in cui hanno esercitato la funzione di giudice o di pubblico ministero nei tre anni precedenti. Concluso il mandato elettorale i magistrati non potranno più svolgere alcuna funzione giurisdizionale, ma saranno collocati fuori ruolo presso il ministro della Giustizia o altre amministrazioni.


Il Csm

Quanto al Csm, la riforma prevede il ritorno a 30 membri+3 di diritto (come era prima della riforma del 2002, oggi sono 24+3 di diritto) e un sistema elettorale misto basato su collegi binominali, che eleggono due componenti l'uno, ma prevede una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale. La composizione del plenum dell'organo di governo autonomo delle toghe prevede 3 membri di diritto (Presidente della Repubblica, Primo Presidente e procuratore generale della Cassazione) e poi 20 togati e 10 laici. Dei 20 togati, 2 sono in rappresentanza dei magistrati di legittimità, 5 pm, 13 giudicanti. Per l'elezione dei due togati di legittimità si prevede un collegio unico binominale nazionale, sistema maggioritario. Tutti votano, con un solo voto a disposizione. Sono eletti i primi due più votati. Per i 5 pubblici ministeri, si prevedono 2 collegi territoriali binominali, numericamente omogenei. Ogni collegio elegge i primi due (maggioritario), dunque in totale 4. Per eleggere il quinto pubblico ministero, si individua il miglior terzo più votato con calcolo ponderato, cioè in percentuale al bacino elettorale. il 5 posto è il miglior terzo sui due collegi. Per quanto riguarda invece i 13 giudicanti, una parte viene eletta con sistema maggioritario, una parte con proporzionale. Otto seggi sono attribuiti con sistema maggioritario binominale (due per ogni collegio): il territorio viene diviso in 4 collegi territoriali omogenei. I primi due di ogni collegio vincono. Altri 5 posti sono invece da eleggere su base proporzionale, a livello nazionale. Ancora Marta Cartabia: "La riforma sul Csm è frutto di un confronto e di un dialogo avviati molti mesi fa anche con il coinvolgimento della magistratura che è stata ascoltata nelle sue richieste. E' una riforma esigente nei confronti dei giudici che risponde innanzitutto, e chiedo scusa per il gioco di parole, a una esigenza della magistratura di essere più severa con se stessa". Per l'elezione del nuovo Csm il governo conta di farcela senza necessità di proroghe: "C'è una norma transitoria proprio per affrontare questa urgenza, i 4 mesi per la composizione dei collegi sono ridotti a 30 giorni dall'entrata in vigore: dovremmo farcela, ne abbiamo parlato oggi in Cdm. Va considerato - ha aggiunto la Guardasigilli - che si tratta di emendamenti ad un disegno di legge delega, già incardinato in Parlamento, siamo già in fase avanzata e mi risulta che la discussione in aula sia stata calendarizzata per marzo".



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