Happy End, il ritorno grottesco di Michael Haneke

Happy End, il ritorno grottesco di Michael Haneke

Happy End, il ritorno grottesco di Michael Haneke


18 dicembre 2017, ore 11:00 , agg. alle 11:19

A cavallo tra la commedia nera e il dramma in salsa francese, ritorna al cinema un habitué del festival di Cannes

La famiglia Laurent appartiene all’alta borghesia di Calais, in Francia. Industriali da generazioni si ritrovano a dover competere con un nuovo mercato a cui non sono più abituati. Nello stesso momento fa ingresso in famiglia Eve, giovane nipote fino ad allora vissuta con la madre, la quale ha tentato il suicidio. Gli occhi della bambina si dovranno così abituare ad un universo fino ad allora lontano e rapporti di parentela stretti nel nome, ma molto meno nell’affetto.
Quello dipendo da Haneke è ovviamente un quadro cinico della famiglia borghese e arricchita. Per chi lo conosce come regista, niente di troppo nuovo. Personaggi ben scritti e bene interpretati, con drammi interiori al confine col grottesco che vengono esplicitati fino in fondo. La presenza costante del “desiderio di morte” è un altro tratto tipico del regista tedesco, qui declinato in maniera meno drammatica e più goffa.Insomma, forse ci si sarebbe aspettato di più da un aficionado della Croisette, soprattutto dopo un film impeccabile come fu Amour, ma potremmo citare anche il paranoico Caché, il brillante Funny Games e quel mattone ermetico de La Pianista. Tutto pane ottimo per i denti della critica .In Happy End i nostri occhi sono quelli della giovane Eve, la quale dovrà abituarsi abbastanza presto a questa nuova vita. Personaggio che in fin dei conti rimane piuttosto freddo e poco empatico, nonostante si tratti di una bambina. Ed è questo che fa fatica ad ingranare per tutta la durata del film. Si rimane distaccati dalle vicende più profonde e si ridacchia per le disgrazie altrui. Un cast quasi tutto francese dal nome altisonante. Una garanzia in altre parole, da Isabelle Huppert a Jean-Louis Trintignant e mettendo in mezzo l’evergreen Mathieu Kassovitz. Molto azzeccata invece l’idea dei titoli di testa, divisi da rapide stories di Instagram, che danno già un ottimo assaggio del tono che andrà ad assumere il resto della pellicola.

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