Il ritratto di Ramzan Kadyrov, il sanguinario leader ceceno inviato da Mosca in Ucraina

Il ritratto di Ramzan Kadyrov, il sanguinario leader ceceno inviato da Mosca in Ucraina

Il ritratto di Ramzan Kadyrov, il sanguinario leader ceceno inviato da Mosca in Ucraina


15 marzo 2022, ore 15:05 , agg. alle 18:24

La terribile dittatura imposta dal leader ceceno, il video telegram in cui minaccia l’Ucraina e il suo presidente Zelensky e i Kadyroviti, i seguaci di Kadyrov

Quarantacinque anni compiuti lo scorso 5 ottobre, Ramzan Kadyrov è dal 2007 il controverso presidente della Cecenia, una repubblica della Federazione Russa. A nominarlo è stato direttamente Putin dopo l’assassinio del padre Achmat, morto il 9 maggio 2004 in un attentato. Si è spesso definito il “soldato di fanteria” del leader russo. Quella di Kadyrov è a tutti gli effetti una dittatura, infatti nella Repubblica Cecena è stata abolita la carica di primo ministro e non sono garantiti neppure i più elementari diritti civili. Più volte gli sono state rivolte accuse di omicidi e torture, soprattutto nei confronti di omosessuali e oppositori politici. Nell’aprile del 2017, la stampa indipendente russa lo ha accusato di aver aperto, con l’appoggio di Mosca un “campo di concentramento” per torturare gli omosessuali. Kadyrov ha però negato tutto, sostenendo che “ non si possono perseguitare coloro che semplicemente non ci sono in Cecenia”. Inoltre il leader ha negato a lungo l’esistenza del covid-19, rifiutandosi di adottare delle misure per contenere i contagi, per poi sostenere che per guarire bastasse una cura a base di miele, limone e aglio. A fine marzo 2020, dopo aver contratto il virus, ha poi introdotto la quarantena per i positivi, con pena di morte in caso di violazione.

Kadyrov ”Sono vicino a Kiev, arrendetevi o siete finiti”

In un video postato su Telegram, il leader ceceno e fedelissimo di Vladimir Putin ha detto di trovarsi a Gostomel ,in Ucraina, precisamente vicino a Kiev, per combattere contro le forze russe. Un ambiente buio, in tuta mimetica assieme ad altri militari e sullo sfondo una bandiera cecena con il ritratto di Achmat, suo padre. "L'altro giorno eravamo a circa 20 chilometri da voi nazisti, ora siamo ancora più vicino" ha attaccato il leader ceceno, che ha aggiunto, rivolgendosi evidentemente al presidente ucraino Volodymyr Zelensky: "puoi rilassarti un momento, perché non devi cercarci: ti troveremo noi. Meglio arrendersi e stare al nostro fianco, come ho suggerito più di una volta, o arriverà la tua fine. L'offerta è ancora valida. Ma non per molto". E ancora: "Ti mostreremo che la pratica russa insegna la guerra meglio della teoria straniera e delle raccomandazioni dei consiglieri militari". Un messaggio di terrore e onnipotenza, se non fosse che il video potrebbe rivelare esattamente la sua posizione attuale, sulla quale i vertici ucraini stanno già lavorando. E c’è una sorta di taglia sulla testa. “Se kadyrov è davvero vicino a Kiev, allora ogni combattente delle forze armate deve porsi l’obiettivo di distruggere questa vergogna del popolo ceceno. Prometto la testa di Kadyrov vale una casa di quaranta acri vicino a Kiev!”, ha scritto su facebook l’ex parlamentare ucraino Yechen Rybchynsky. Nelle scorse ore, però, Kadyrov è stato smentito. Non si trova a Kiev, ma in Cecenia, a Grozny, dove ha incontrato il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale russo Patrushev. Lo mostrano immagini diffuse dai media. 

I kadyroviti

Secondo l’associazione tedesca per i popoli minacciati, la maggior parte di stupri, torture e omicidi realizzati negli ultimi anni in Cecenia sono stati commessi dai tremila uomini della forza di sicurezza interna Kadyrovtsy, guidata proprio dal leader. Quest’ultima, oggi, sarebbe in Ucraina con il suo capo e spingerebbe i russi a non arrendersi. Arrivano inoltre notizie di interi reparti di forze paramilitari cecene, che si trovano a Kiev, Irpin, Gostomel e Bucha. A bloccare l’arretramento dell’esercito russo. Già Adolf Hitler utilizzava il meccanismo dei “ distaccamenti protettivi”, forze paramilitari utilizzate con il fine di costringere i soldati a restare a combattere sul campo.



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