In Brasile il presidente Jair Bolsonaro paragona il Coronavirus ad una influenza, scoppia la polemica

In Brasile il presidente Jair Bolsonaro paragona il Coronavirus ad una influenza, scoppia la polemica

In Brasile il presidente Jair Bolsonaro paragona il Coronavirus ad una influenza, scoppia la polemica


26 marzo 2020, ore 20:59

Il capo dello stato brasiliano ha deciso di non attuare piani di emergenza severi: poche e semplici linee guida di sicurezza.

Bolsonaro e gli attriti con i governatori

Jair Bolsonaro è il presidente del Brasile dal 2019. Come numerosi politici in tutto il mondo, anche lui si è espresso sull’emergenza coronavirus al fine di giustificare le misure adottate nel proprio paese: Bolsonaro rimane uno dei pochi capi di Stato a sottovalutare il covid19 considerandolo solamente “una piccola influenza”. Seguendo questa linea di pensiero, pertanto, Bolsonaro ha deciso di non chiudere il Brasile nonostante i 2.433 contagi e i 57 morti. La decisione di non intraprendere alcun severo piano di emergenza per mettere in sicurezza il proprio Paese ha scontentato il popolo brasiliano che ha lanciato su Twitter l’hashtag #BolsonaroGenocida ma anche i governatori di San Paolo e Rio de Janeiro. Il presidente del Brasile, infatti, si è rifiutato di chiudere in casa i cittadini e di bloccare l’economia del Paese, sostenendo che vi sono delle priorità produttive e non tenendo conto della grande estensione geografica delle megalopoli brasiliane, circostanza che potrebbe portare ad un’estensione dei contagi molto dannosa. Bolsonaro ha precisato di non voler “sottovalutare il problema del Covid19” ma di voler ricercare “la ricetta giusta per combattere questa malattia senza causarne una ancora maggiore”. Questa dichiarazione potrebbe essere tradotta nella volontà di attuare una leggera politica anti-coronavirus che non provochi il blocco dell’economia e si basi su semplici misure come lavarsi le mani, proteggere gli anziani e tenere le giuste distanze.

Trump e il cambio di narrazione

Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, così come Bolsonaro, aveva sottovalutato il coronavirus. Ad inizio marzo, infatti, il capo della Casa Bianca aveva pubblicato un tweet che aveva scatenato un certo scalpore: dichiarava, per l’appunto, che 37.000 americani lo scorso anno erano morti di comune influenza. L’evidente sottotesto di tale affermazione era che il coronavirus non poteva essere considerato più pericoloso di una normale influenza. Successivamente, nel corso delle settimane, di pari passo con la crescente diffusione del covid19 negli Stati Uniti, vi è stato un cambio di narrazione, si è messa effettivamente in discussione la pericolosità del virus e si sono prese delle misure adeguate all’emergenza. Trump ha deciso di non voler badare a spese lanciando un piano di 2.000 miliardi di dollari e promettendo aiuto a cittadini e imprese. Ad oggi la città più colpita in America e nel mondo è New York con 33.000 contagiati. In tutti gli Stati Uniti sono stati registrati 75.069 casi positivi e 1.080 morti. 

La situazione in Louisiana: è colpa del carnevale 

Oltre che New York, uno degli stati statunitensi altamente colpiti è la Louisiana che al momento registra 1800 casi positivi e il tasso di crescita più veloce di coronavirus al mondo. La diffusione sembra speculare a quella in Italia e in Spagna. La città più colpita è New Orleans dove sono stati registrati 800 casi. La motivazione potrebbe risiedere, secondo gli esperti, in un evento in particolare: il Mardi Gras, celebrato per la tradizionale festa di carnevale, lo scorso 25 febbraio. Il carnevale di New Orleans, infatti, attira ogni anno migliaia di persone che si riversano in strada e nei locali per celebrare la ricorrenza.​


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