La missione italiana in Afghanistan è finita, a Herat il saluto del ministro Guerini, ma i giornalisti hanno rischiato di non arrivare

La missione italiana in Afghanistan è finita, a Herat il saluto del ministro Guerini, ma i giornalisti hanno rischiato di non arrivare

La missione italiana in Afghanistan è finita, a Herat il saluto del ministro Guerini, ma i giornalisti hanno rischiato di non arrivare


08 giugno 2021, ore 13:48 , agg. alle 05:51

Il Boeing CK767, un aereo militare con a bordo soldati e cronisti, non ha avuto il permesso di sorvolare gli Emirati Arabi Uniti ed è stato costretto a una sosta forzata in Arabia Saudita

Il viaggio con incidente diplomatico

ll decollo regolare dall'aeroporto mitare di Pratica di mare a mezzanotte. Tempo previsto di volo circa 8 ore. Destinazione Herat. Qualcosa nel piano di volo, però, è andato storto. Gli Emirati Arabi Uniti hanno impedito al nostro aereo di sorvolare il loro territorio per una motivazione di cui non conosciamo l'origine. Così la comandante, Valentina Pace, è stata costretta ad atterrare a Damman, città dell'Arabia Saudita collocata in una zona ricchissima di petrolio. Due ore e mezza di trattative sulla ripartenza, con noi giornalisti e con i militari diretti in Afghanistan sempre a bordo. Poi la soluzione. Il pieno di carburante e il decollo verso Herat con una rotta questa volta consentita. L'atterraggio dopo altre quattro ore di volo. In totale un viaggio di più di 13 ore, che ha costretto a rimodulare il programma della visita. Su istruzione del ministro Luigi Di Maio, il segretario generale del ministero degli Esteri, ambasciatore Ettore Sequi, ha convocato oggi alla Farnesina l'ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Omar Al Shamsi. Il segretario generale, si legge in una nota, ha manifestato all'ambasciatore la sorpresa e il forte disappunto per un gesto inatteso che si fa fatica a comprendere, in riferimento alla mancata concessione del sorvolo dello spazio aereo emiratino al Boeing 767 dell'Aeronautica che trasportava un gruppo di una quarantina di giornalisti italiani diretti ad Herat, dove è in visita il ministro della Difesa Lorenzo Guerini.


Il saluto con l'ammainabandiera

Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, a Herat è arrivato con un altro volo. Per lui oggi un momento di grande emozione. L'ultimo saluto ai soldati italiani, che lasciano l'Afghanistan nell'ambito del ritiro della Nato, dopo vent'anni di missioni internazionali, iniziate in seguito agli attacchi dell'11 settembre 2001. E proprio entro il prossimo 11 settembre, data simbolo, torneranno a casa anche tutti i soldati americani, come ha annunciato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha aggiunto che il principale scopo della guerra, uccidere il capo di Al Qaida Bin Laden, è stato raggiunto dieci anni fa. Ricordiamo che che Bin Laden fu eliminato nel maggio del 2011 ad Abbottabad, in Pakistan, dai Navy Seals Usa. 

Camp Arena

A Camp Arena, la base italiana di Herat, l'atmosfera è quella della smobilitazione. Un caldo torrido e una forte escursione termica, 43 gradi di giorno e venti in meno di notte, per un territorio che i soldati italiani hanno imparato a conoscere, formando le forze dell'ordine locali e supportando la popolazione. Ora il contingente, meno di mille militari, lascerà per sempre l'Afghanistan. Un'operazione logistica non di poco conto se si pensa che il Paese non ha sbocchi sul mare e non dispone di una rete ferroviaria. Il porto più vicino è a mille chilometri ed è impossibile raggiungerlo in piena sicurezza. Tutto deve essere trasportato con gli aerei, uomini e mezzi. A Camp Arena c'è anche un monumento per i caduti. Sono 53 gli italiani morti nel Paese durante la missione. 


Le parole del ministro

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha sottolineato come la collaborazione con l'Afghanistan continuerà anche senza la presenza fissa di militari proprio per non vanificare quanto fatto e ottenuto in questi anni. "Oggi viviamo un momento cruciale, nella storia di un percorso iniziato 20 anni fa, dopo il devastante e ignobile attacco alle Torri Gemelle. In quell’occasione non furono attaccati solo gli Stati Uniti ma l’intera comunità internazionale e i valori dell’Occidente. La minaccia alla democrazia ed alla libertà posta da movimenti estremisti quali Al Qaeda - ha detto Guerini - Qui in Afghanistan il nostro Paese ha fatto la propria parte fin dall'inizio". "Oggi siamo qui a chiudere la nostra partecipazione all’Operazione Resolute Support, che ha sostituito ISAF dal gennaio 2015, concentrando il proprio sforzo nell’ addestramento, consulenza e accompagnamento dei nostri alleati ed amici afgani. Un’attività di elevatissimo livello che in questi anni ha visto l’addestramento diretto o indiretto di più di 20.000 militari afgani del 207° Corpo d’Armata dell’Esercito Nazionale Afghano con cui abbiamo proficuamente operato in questi anni. Ma anche la realizzazione di circa 2200 progetti di cooperazione civile-militare. - ha aggiunto il ministro - In oltre venti anni, si sono alternati in questo paese più di 50.000 militari di tutte le Forze Armate con assetti terrestri, aerei e delle forze speciali. Il mio commosso pensiero voglio rivolgerlo anche a tutti gli italiani, civili e militari, che hanno perso la vita in Afghanistan. Ricordo tra loro i 53 Caduti e gli oltre 700 feriti tra i nostri militari e quelli che, ancora oggi, portano sul corpo i segni della coraggiosa testimonianza di vita al servizio del Paese" Il loro valore, il loro spirito di sacrificio e il loro esempio non saranno mai dimenticati. A tutte le famiglie che, con grande dignità, hanno affrontato la perdita dei loro cari, rivolgo la mia vicinanza e il mio riconoscente pensiero. Quello che dobbiamo anche chiederci in questi giorni è, come sarebbe stato l’Afghanistan senza questi venti anni di presenza e di lavoro fianco a fianco con i governanti e la popolazione. “Shona ba shona”, spalla a spalla, in questi lunghi 20 anni ci siamo addestrati ed abbiamo combattuto insieme per la neutralizzazione dell’insorgenza, per la protezione della popolazione e il contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione. In altri termini, per la pace e la prosperità di questo paese." 


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