Un bambino di sei mesi muore attraversando il Mediterraneo e noi neppure ce ne accorgiamo

Un bambino di sei mesi muore attraversando il Mediterraneo e noi neppure ce ne accorgiamo

Un bambino di sei mesi muore attraversando il Mediterraneo e noi neppure ce ne accorgiamo


12 novembre 2020, ore 13:31 , agg. alle 15:08

L’ennesima, devastante tragedia dei migranti non riesce a trovare spazio e attenzione. La nostra vita, la nostra testa sono ormai completamente occupate dalla pandemia

La tragedia del bambino di sei mesi, morto nell’ultimo naufragio (solo in ordine di tempo, purtroppo) nel cuore del Mediterraneo, è incommentabile.

Quali parole scegliere, per raccontare di un cucciolo d’uomo a cui è stata negata persino la più piccola speranza. Come si può scrivere di un simile evento, senza scadere nella retorica, senza ricorrere a immagini abusate e del tutto incapaci di rendere l’immensità totalizzante di un simile lutto.

Un bambino di sei mesi.

In realtà, basta scrivere questo, non è necessario indugiare in particolari. In una cronaca che abbiamo letto o dovuto riportare un’infinità di volte, a seconda del nostro ruolo. Una storia apparentemente uguale a mille altre.

Non esiste una storia umana uguale a tutte le altre 

Almeno, su questo passaggio, però, si senta il dovere di una riflessione. Perché non esiste una storia umana uguale a tutte le altre. Mai. Ognuno di noi ha (avrebbe) il diritto naturale di poter almeno provare a costruire il proprio futuro. Nel caso di questo bimbo, no. La possibilità gli è stata negata da una lunghissima catena di fattori. Il naufragio e i ritardi arrivati troppo tardi sono solo gli ultimissimi anelli. Se vogliamo ancora dirci uomini, allora, abbiamo il dovere morale di non archiviare questa storia, nel file di troppe altre. Altrimenti, saremo solo degni rappresentanti di una civiltà che sta imparando con sconcertante leggerezza l’arte di fare spallucce. Persino davanti a un bambino di sei mesi, che si perde e fra le onde del mare.

Fermiamoci un attimo, prendiamoci il tempo per riflettere

Che volete, c’è la pandemia, il Covid-19 occupa militarmente le nostre vite, assorbe pensieri, emozioni, paure. Al punto che ci stiamo dimenticando di quasi tutto il resto. Eravamo già assuefatti a questi orrori, ma oggi per la notizia di una morte del genere, nel nulla di una traversata verso un sogno, non c’è quasi spazio sulle prime pagine dei quotidiani.

Non è un atto di accusa ai colleghi, è che siamo diventati noi tutti così. Fermiamoci un attimo, prendiamoci il tempo per riflettere: stiamo correndo su un filo sottilissimo. Non abbiamo imparato a convivere con questa maledizione che ci è capitata. Stiamo lasciando che la pandemia definisca non solo i nostri orizzonti, ma il nostro quotidiano.


Sanità, rischiamo di fare i conti con danni incalcolabili

Se dovesse sembrare alieno occuparsi del perdurante dramma dell’emigrazione, un fenomeno storico che riguarda ciascuno di noi, parliamo di sanità. La nostra salute è minacciata dal Covid-19, ma mica solo dal virus. I dati sono allarmanti: stanno precipitando gli screening, facciamo molta meno prevenzione di prima. Rischiamo di trovarci, nel giro di pochi anni, a fare i conti con danni incalcolabili, derivati da questi mesi di sospensione. Frutto, certo, dell’estrema difficoltà delle strutture sanitarie nel gestire contemporaneamente pandemia e quotidianità, ma anche della nostra impreparazione. Perché, ormai, pensiamo sempre a quello, solo a quello e ci siamo infilati in un vicolo strettissimo. 


Sento di dover chiedere scusa a quel bimbo

In conclusione, non so trovare le parole giuste, come detto in apertura probabilmente non esistono. Però, sento di dover chiedere scusa a quel bimbo. Per la nostra indifferenza, per quello che siamo diventati troppo docilmente. La sua mamma, il suo papà hanno scelto di correre un rischio mortale, perché attratti da un sogno, vivere in questa parte di mondo. La nostra. Pensando a chi oggi li condanna senza sapere o è anche solo indifferente, mi chiedo se queste donne e questi uomini non abbiano affidato la loro vita a un ideale che semplicemente non è mai esistito.


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