Verso gli Oscar 2024, The Zone of Interest: una lettura iconoclasta della Shoah

Verso gli Oscar 2024, The Zone of Interest: una lettura iconoclasta della Shoah

Verso gli Oscar 2024, The Zone of Interest: una lettura iconoclasta della Shoah   Photo Credit: Agenzia Fotogramma.it


06 marzo 2024, ore 08:00 , agg. alle 15:35

Dopo aver trionfato a Cannes lo scorso anno, il film di Jonathan Glazer prova a portare a casa qualcosa anche a Hollywood

A pochi giorni dalla cerimonia di premiazione degli Oscar 2024, continuiamo il nostro viaggio di approfondimento dei dieci film che hanno ricevuto la candidatura come miglior film. Un modo per conoscere il menù di questa 96esima edizione del premio più prestigioso del cinema. Oggi è la volta di The Zone of interest di Jonathan Glazer, presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes dove ha portato a casa il Grand Prix Speciale della Giuria.


LA TRAMA DEL FILM

La narrazione è molto trattenuta e a prima vista può risultare quasi assente. Ma la forza del film risiede proprio in questo. Il tutto è incentrato sulla vita quotidiana di una famiglia tedesca che vive accanto al campo di concentramento nazista di Auschwitz durante la Seconda Guerra Mondiale. La famiglia Höss vive in un’elegante casa di campagna in riva al fiume, li vediamo fare il bagno con i bambini in estate, come se dietro al loro giardino non ci fossero i forni crematori del campo di concentramento. Il padre di famiglia è Rudolf Höss (Christian Friedel), comandante alla direzione del campo. Seguiamo la vita di questa famiglia fuori e dentro ad Auschwitz. All’interno osserviamo il lavoro di Rudolf e fuori scorgiamo la moglie Hedwig (Sandra Hüller) che prende il tè con le amiche e i bambini che vanno in bicicletta allegramente. In sottofondo si sentono i rumori sinistri di prigionieri che marciano legati e nell'aria si vedono alzarsi nuvole di cenere.


L’ORRORE OLTRE LO SGUARDO

L'iconoclastia come unico modo per rappresentare la Shoah. The Zone of interest ci dice questo. È troppo orribile per essere inquadrato e troppo mostruoso per essere raccontato. L’orrore si cela allo sguardo dello spettatore, appartiene a ciò che è fuori campo e che si può solo ascoltare con un sonoro disturbante e a tratti inquietante. Glazer sembra convinto che la violenza non faccia altro se non generare altra violenza. Un’idea che apparteneva anche al cineasta francese Claude Lanzmann che nel 1985 porta sullo schermo “Shoah”, un documentario fiume della durata di oltre nove ore dove l’immagine viene sacrificata a favore della parola e della testimonianza verbale. Qui invece l’orrore del campo di sterminio nazista si ravvisa solamente nel sonoro che irrompe sulla forma filmica così rigorosa e composta. Urla, grida, dolore, minacce, lamenti, latrati e colpi d’arma da fuoco. Il tutto mentre questa famiglia borghese è alle prese con i drammi quotidiani come la potatura dei fiori o il viaggio da fare in qualche metà ambiziosa. Fuori le mura di questa perfetta casa delle bambole c’è la morte e si consuma la più grande tragedia dell’umanità. Lo schermo è nero, inesorabilmente nero all’inizio di The Zone of Interest. Una chiara dichiarazione d’intenti con lo spettatore che non dovrà fare i conti con ciò che viene inquadrato, ma bensì con ciò che è nascosto, con ciò che appartiene al non-visibile. Forse l’unica via possibile per raccontare la Shoah sembra essere questo. Con tutto il rispetto per Spielberg e il suo Schindler List, non serve a nulla il bianco e nero, non serve il cappottino rosso o la musica di John Williams. Forse è meglio lasciare lo schermo tutto nero.


POSSIBILITÀ DI VITTORIA

Sembra chiaro che il 10 marzo a trionfare come miglior film sarà senza ombra di dubbio Oppenheimer. E se l’altro favorito alla vittoria è “Povere Creature!” di Lanthimos, il terzo film che potrebbe insidiare la vittoria di Nolan potrebbe essere proprio The Zone of Interest. Forte di aver già conquistato Cannes e essersi fatto notare ai Premi Bafta, la pellicola ha avuto anche un endorsement da parte di Steven Spielberg (che incarna il potere hollywoodiano) che si è pronunciato a proposito del film di Glazer come il migliore sulla shoah.



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