Violenze, lettera aperta di un papà

Violenze, lettera aperta di un papà

Violenze, lettera aperta di un papà


18 ottobre 2017, ore 14:13

Il punto su RTL 102.5 di Fulvio Giuliani

Scrive il papà di (ad) Amelia, il papà di una ragazzina di quasi 12 anni, che fra non tantissimo affronterà il mondo degli studi universitari e poi il lavoro. Scenderà nell'arena della vita e dovrà confrontarsi con la realtà. La vorremmo avanzata, libera, emancipata e rispettosa. Sappiamo tutti che non è sempre così, che la lotta per la dignità della donna è destinata a essere ancora lunga. E che ci chiama tutti a dare il meglio. In questi giorni, si fa un gran parlare di molestie, di violenze inaccettabili, ma anche di compromessi proposti da troppi e accettati da molte. Un punto è e resta cruciale: non mi interessa più di tanto indagare i tempi di una denuncia, esplorare dietrologie e dubbi. Una violenza è una violenza. Approfittare del proprio potere è un atto spregevole e se la potenziale vittima si trasforma per calcolo in 'controparte' il giudizio resta lo stesso. La conquista di una donna può essere un'opera d'arte, il massimo dell'espressione maschile. Ridurla a un mercato o peggio mi farà sempre ribrezzo.
Torniamo, però, a mia figlia. A lei direi (dirò) che la vita è un viaggio, da fare spesso con compagni occasionali. No, non parlo d'amore. Parlo di colleghi, capi, concorrenti, che spesso non potremo scegliere. Potremo, anzi dovremo, scegliere come comportarci con loro. Ad Amelia dirò che il compromesso con la propria dignità non esiste.

E' una resa alla prepotenza, se non alla brutalità. Inconcepibile e inaccettabile, sempre e comunque. Finché potrò, sarò la spalla, ma non mi faccio illusioni. So benissimo che prima o poi potrebbe trovarsi sola, davanti alla proposta, la mezza parola, l'allusione, la mano irrispettosa. In quel momento, faremo i conti con anni di sforzi e tentativi di educazione (sempre con le migliori intenzioni, ma altrettanto perfettibili). Oggi penso: avrò fatto il possibile, le avrò dato gli strumenti per riconoscere, reagire, chiedere aiuto? Oggi non posso saperlo, ma ho il dovere di parlarne, di non nascondere le pieghe, in cui si annidano i compromessi peggiori, quelli formalmente accettabili, ma che ti distruggono dentro.

Perché non mi interessa il 'così fan tutti', ma la serenità di mia figlia. La serenità di saper rinunciare all'istante - se necessario - a una realtà malsana, per poter scegliere uomini e donne degni. Lasciamo stare i santi, non parlo di loro, parlo di persone che al mattino possano mettersi allo specchio e guardarsi, senza vergogna. I compagni, perfettibili, ma per bene, che auguro a mia figlia.

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