Studio italiano, diagnosi Parkinson con un prelievo

Studio italiano, diagnosi Parkinson con un prelievo

Studio italiano, diagnosi Parkinson con un prelievo


23 luglio 2019, ore 23:00

L'Istituto italiano di tecnologia ha scoperto come una carenza di alcuni lipidi sia associata alla malattia

Un team di ricerca dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit), in collaborazione con Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige (Trento) e Fondazione Santa Lucia (Fsl) Irccs di Roma, ha scoperto come una carenza di alcuni lipidi, prodotti dalla nostra flora intestinale, sia associata alla malattia di Parkinson. Grazie a questa scoperta con un semplice prelievo di sangue si potrebbe diagnosticare la malattia, con un'efficacia pari al 90%. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale 'Metabolomics'. La ricerca svela, soprattutto nelle donne, il rapporto tra alcuni tipi di lipidi (grassi) misurabili nel sangue e prodotti dalla nostra flora intestinale (microbiota) e la malattia di Parkinson. Lo studio oltre ad offrire un nuovo futuro strumento diagnostico, suggerisce che le alterazioni nella popolazione di batteri che vivono dentro il nostro intestino potrebbero essere associate all'insorgenza della malattia. Il lavoro è stato effettuato analizzando il sangue di 587 individui (268 malati e 319 sani, suddivisi in 294 donne e 293 uomini). I risultati mostrano che la concentrazione di 7 particolari lipidi, chiamati Nape (N-acil fosfatidiletanolammine), nel sangue dei soggetti affetti da Parkinson è diminuita di circa il 15% rispetto agli individui sani. Per ragioni attualmente sconosciute, tale diminuzione risulta significativamente più marcata nelle donne, fino a raggiungere anche il 25%. Uno dei ruoli di questi lipidi nel nostro organismo è di proteggere le cellule mantenendone l'integrità strutturale. Nel caso in cui le cellule che compongono il nostro cervello, i neuroni, vengano danneggiate, come appunto avviene nella malattia di Parkinson, esse 'prelevano' i Nape dal sangue diminuendone la concentrazione circolante nel nostro organismo, sottolinea la ricerca.