Esecutivo, Meloni e Von der Leyen rinnovano la sintonia sul Pnrr e condannano le violenze in Brasile

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A Palazzo Chigi la presidente del Consiglio e la presidente della Commissione europea per oltre un’ora hanno parlato pure di immigrazione, del conflitto in Ucraina, di energia e di economia in vista del Consiglio Europeo straordinario del 9 e 10 febbraio

La riconferma del sostegno a Kiev contro l'invasione della Russia, un punto della situazione per l'approvvigionamento di energia in modo sicuro e conveniente. E ancora la promozione per la competitività dell'industria europea. Ma soprattutto, il tentativo di "fare progressi sul patto di migrazione". Di questo hanno parlato a Palazzo Chigi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, che ha precisato via tweet che "abbiamo anche discusso del rilancio del Piano nazionale di ripresa e resilienza in Italia".


Il punto

Nessun punto stampa finale, ma la premier Meloni ha assicurato che dopo il colloquio a Bruxelles in occasione della prima visita all'estero da Presidente del Consiglio, l'incontro odierno, svoltosi con la partecipazione del Ministro Raffaele Fitto, ha rappresentato "un'ottima occasione per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio Europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all'economia e alla migrazione". In tema di ripresa economica, aggiunge Chigi, è stato inoltre riaffermato l'impegno del Governo italiano sul Pnrr. Nel corso dell'incontro è stata anche condivisa la condanna per gli atti violenti in Brasile e la solidarietà alle istituzioni democratiche del Paese. E' stata infine espressa soddisfazione per la firma, prevista domani a Bruxelles, della Dichiarazione Congiunta Ue-Nato. Il tema più atteso dell'incontro era però senza dubbio quello legato alla questione migratoria: l'Italia continua a chiedere un patto per la ridistribuzione dei migranti in arrivo sulle coste italiane (quello in vigore, su base volontaria, ha finora dato risultati poco soddisfacenti), ma la presidenza di turno svedese appena insediatasi ha negato la possibilità di arrivare a un accordo prima del 2024.


Spoil system

Intanto sulle critiche allo spoil system il centrodestra va al contrattacco. E lo fa anche sulla base delle ricostruzioni giornalistiche pubblicate oggi. "A Camere sciolte l'ex governo piazza 82 nomine": questo il titolo di un articolo pubblicato da La Verità, che punta il dito contro i ministri dell'ex esecutivo guidato da Mario Draghi, che secondo il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, "nonostante la circolare per limitare le attività agli affari correnti", avrebbero "riempito cda e affidato incarichi fiduciari". Uno spunto giornalistico che dà il la ai contrattacchi della maggioranza, messa sotto tiro dalle opposizioni in particolare dopo alcune nomine, come ad esempio quella di sostituire Giovanni Legnini con il senatore Guido Castelli a commissario straordinario per la ricostruzione post-sisma nelle quattro regioni del Centro Italia. "Alla luce di quanto pubblica oggi il quotidiano la Verità, sulle decine di nomine effettuate dal governo Draghi fuori tempo massimo, dopo le dimissioni e addirittura dopo le elezioni del 25 settembre, la sinistra dovrebbe avere la decenza di tacere sul presunto spoil system del governo Meloni. Questa sinistra non riesce a liberarsi dalla mentalità per la quale a loro tutto è concesso, in quanto portatori di una ideologia salvifica (che oggi non si sa più neppure quale sia) e quando gli avversari fanno la metà di ciò che hanno fatto loro è scandalo e 'democrazia in pericolo'. Il tempo in cui gli italiani accettavano questo atteggiamento è finito. Non perché lo diciamo noi, ma perché l'hanno detto chiaramente gli elettori", afferma il capogruppo di Fratelli d'Italia al Senato, Lucio Malan. Per il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Tommaso Foti "la sinistra ha ormai perso ogni forma di vergogna. La lottizzazione spregiudicata, senza alcun rispetto istituzionale, messa in atto dai ministri del Pd a Camere sciolte e soprattutto dopo che gli italiani il 25 settembre si erano espressi in modo inequivocabile, come emerge dall'inchiesta del quotidiano La Verità, è scandalosa. Più di ottanta nomine regalate ad amici quando ormai la legislatura era finita. È opportuno che il Pd spieghi agli italiani e, in ogni caso, bisogna verificare se vi siano state forzature di legge. Adesso però è chiaro perché da giorni, Letta e suoi conducono una battaglia contro lo spoil system previsto dalla legge: temono di perdere le poltrone per i loro fedelissimi". In dissonanza dalle altre opposizioni, su questo tema, il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che nella sua Enews scrive: "Se c'è uno che critica il governo per ciò che riteniamo ingiusto sono io. Ma proprio per questo trovo semplicemente assurde le critiche al governo Meloni sullo spoil system. La Meloni non ha il diritto di cambiare i dirigenti che non ritiene all'altezza: ha il dovere di farlo. E sapete chi ha dato questa possibilità? La Legge voluta dal ministro Bassanini che certo non era uno di destra. Questa idea che quando noi facciamo spoil system è giusto e doveroso per rispettare i nostri obiettivi programmatici e quando lo fa la destra è una lesione delle regole del gioco è pura ipocrisia. Ok? Giudicheremo la Meloni da quello che fa - conclude l'ex premier - E per adesso il giudizio è decisamente negativo. Ma dobbiamo criticarla sui risultati, non sul diritto di scegliersi i collaboratori".


Pd

Tutto quando nel Pd è scontro sulle regole in vista del Congresso. "Chissà cosa penserebbe David", dice Enrico Letta, la voce rotta dalla commozione, nel ricordare l'amico Sassoli, di cui ricorre in questi giorni il primo anniversario della morte. Chissà cosa avrebbe pensato davanti "alle schifezze che stanno emergendo" su Qatargate, si chiede l'ancora "per pochi giorni" segretario dem, come lui stesso tiene a precisare. E chissà cosa avrebbe pensato David Sassoli della guerra in Ucraina e del ruolo che l'Europa sta giocando, si chiedono Romano Prodi e lo scrittore Paolo Rumiz, presenti all'incontro al Teatro Quirino per la presentazione del libro "David Sassoli: la saggezza e l'audacia" che raccoglie i discorsi del presidente del Parlamento Europeo. Una assenza che pesa, sulle istituzioni europee e sul partito che, se non la malattia non l'avesse portato via, Sassoli avrebbe guidato alle elezioni politiche del 25 settembre. Questo era il disegno di Letta che con l'amico ne aveva parlato sul finire del 2021, ricevendone un'apertura di massima. "David Sassoli avrebbe cambiato la storia dell'Italia e dell'Europa se non lo avesse fermato la malattia", spiega Letta: "Gli feci una proposta politica: ora che la vicenda europea ti porterà a prendere delle decisioni, penso che tu dovresti guidarci alle elezioni. Perché tu hai una capacità espansiva, hai la capacità di allargare la coalizione, saresti in grado di guidare una coalizione molto larga". Chissà, quindi, cosa sarebbe stato del Pd che oggi si dibatte per uscire dalla crisi innescata dalla sconfitta alle urne, fra una costituente mai realmente decollata e un confronto congressuale di cui si sono perse le tracce, complice lo scontro sui tempi e sulle modalità del voto: online, in presenza, entrambi? Tra domani e dopodomani, auspicabilmente, dovrebbe essere fatta chiarezza, ma c'è chi scommette che la vicenda del voto online e dei tempi del congresso avrà degli strascichi anche dopo l'insediamento della nuova segreteria, soprattutto se il rischio di un flop di partecipazione agitato in queste ore si dovesse concretizzare. Domani i responsabili delle mozioni in campo dovrebbero fare il punto sulla direzione che si riunirà mercoledì e che, salvo sorprese, dovrebbe certificare lo slittamento delle primarie aperte dal 19 al 26 febbraio. "Ci sarà una riunione informale per preparare la direzione nazionale di mercoledì che dovrà definire le regole generali del congresso e la commissione congressuale". Poche le possibilità che si possa cambiare il regolamento e prevedere il voto online assieme a quello ai gazebo. Per farlo servirebbe il via libera unanime di tutti e quattro i candidati finora in campo. Unanimità che, al momento, non c'è.



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