Quirinale, l’organizzazione del voto per il nuovo Presidente della Repubblica al tempo del Covid

Quirinale, l’organizzazione del voto per il nuovo Presidente della Repubblica al tempo del Covid

Quirinale, l’organizzazione del voto per il nuovo Presidente della Repubblica al tempo del Covid


Rimane però il rebus dei grandi elettori ‘positivi’: il centrodestra vorrebbe farli votare, contrari però Partito Democratico e Italia viva. Dal 24 gennaio un’elezione al giorno, 50 votanti alla volta, ammessi in Aula, capienza massima di 200 persone

Dalla capigruppo di Montecitorio, svoltasi oggi, è stato partorito l'assetto organizzativo per il voto per il Quirinale, che inizierà il 24 gennaio, e che prevede regole inedite a causa della pandemia.


I 200

L'accesso all'aula avrà luogo dall'ingresso lato sinistro, per fasce orarie, e potranno entrare per votare 50 grandi elettori massimo per volta, mentre il numero massimo di parlamentari ammessi in aula contemporaneamente sarà di 200, più un centinaio di posti sulle tribune. Non ci saranno più i classici catafalchi per votare, ma ci saranno cabine diverse da quelle utilizzate in passato, per ragioni sanitarie: si tratta di cabine che permettono da un lato la sicurezza sanitaria, garantendo al contempo la segretezza del voto. L'uscita dall'aula avverrà dal lato destro (il lato della buvette sul Transatlantico). Di norma ci sarà una sola votazione al giorno, anche se non si esclude la possibilità di svolgerne una seconda, con uno spazio di almeno un'ora e mezza per sanificazione e ricambio d'aria tra uno scrutinio e un altro. In occasione del giuramento, invece, ci sarà la possibilità per tutti i parlamentari di stare dentro l'aula mentre i delegati regionali assisteranno dalla tribuna: ciò in ragione della durata ridotta di 40-50 minuti del giuramento, in cui interverrà solo il nuovo presidente della Repubblica; si potrà entrare in aula però solo con un tampone (antigenico di terza generazione) negativo fatto la mattina stessa o alla Camera o al Senato.


Il rebus

Rimane però il rebus dei grandi elettori ‘positivi’. Si discute cioè della possibilità di consentire ai grandi elettori positivi al Covid di esprimere il proprio voto. Il tema è stato sollevato dal capogruppo di Fdi Francesco Lollobrigida: contrari a questa ipotesi Pd e Italia Viva. Forza Italia ha chiesto invece di inviare funzionari delle prefetture a prendere il voto dei positivi a domicilio. Il capogruppo leghista Riccardo Molinari ha appoggiato tale richiesta, proponendo di far votare i positivi la mattina a domicilio e di far arrivare entro lo spoglio serale le schede tramite prefetture. Insomma, il centrodestra vuole far votare pure i positivi, ma il centrosinistra nicchia.


Berlusconi

Intanto chi si aspetta una decisione dal vertice del centrodestra di domani probabilmente rimarrà deluso. Questa, almeno, è la previsione di molti parlamentari della coalizione, alla vigilia dell'incontro. Silvio Berlusconi, assicurano più fonti di Fi, non ufficializzerà la propria decisione, anche se è assolutamente determinato ad andare fino infondo. Il Cavaliere - anzi - avrebbe anche preferito rimandare la riunione con gli alleati a dopo la direzione del Pd, ma le prese di distanze e i sospetti incrociati degli ultimi giorni lo hanno spinto ad accogliere la richiesta di fare il punto. Ma a Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Giovanni Toti e tutti gli altri il Cavaliere farà un ragionamento molto chiaro: possiamo farcela, posso trovare i voti che mancano per arrivare ai 505 necessari per essere eletti dalla quarta votazione, ma proprio per questo è fondamentale che la coalizione appaia unita, che cessino i distinguo, i dubbi, i "ti sosteniamo ma?". Insomma, Berlusconi chiederà a tutti di ribadire la compattezza sull'ipotesi della sua candidatura, come condizione per poter allargare il consenso oltre il perimetro del centrodestra. Di fatto, il leader di Fi - che oggi ha visto a villa Grande Antonio Tajani e i capigruppo - metterà gli alleati davanti a un bivio: ditemi se la coalizione esiste o no, dimostratemi che il centrodestra è unito. Il ragionamento implicito, spiega un parlamentare di Fi, è molto netto: "Se la coalizione non si mostra compatta sul suo nome, vuol dire che la coalizione non esiste. A quel punto perché non dovremmo muoverci liberamente sulla legge elettorale, per esempio?". Proprio questo è uno dei grandi timori degli alleati, cominciare dalla Meloni. La paura che Fi si smarchi e accetti di ragionare sul proporzionale è forte e la leader di Fdi oggi lo ha ribadito chiaramente: "Io continuo a chiedere quello che ho chiesto dall'inizio: la compattezza della coalizione che Fratelli d'Italia ha sempre garantito, perché abbiamo una parola sola". E Salvini, dopo gli smarcamenti di ieri, oggi ha corretto il tiro: "Il centrodestra compatto e convinto nel sostegno a Berlusconi, non si accettano veti ideologici da parte della sinistra". Da Coraggio Italia, però, continuano ad arrivare moniti a "fare bene i conti", come ha detto Gaetano Quagliariello.


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