Crisi, Mario Draghi accetta con riserva l’incarico per Palazzo Chigi e domani inizia le consultazioni

Crisi, Mario Draghi accetta con riserva l’incarico per Palazzo Chigi e domani inizia le consultazioni

Crisi, Mario Draghi accetta con riserva l’incarico per Palazzo Chigi e domani inizia le consultazioni


Tutti i partiti in grande fermento e divisi anche al loro stesso interno

Un mandato ampio che non parte da un'idea precostituita di governo, di maggioranza né di tipo di ministri. Così Mario Draghi si avvia alle consultazioni con le forze parlamentari dopo l'incarico a formare un nuovo governo ricevuto dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Sarà Draghi, a quanto si apprende, a decidere senza particolari 'paletti' su perimetro, tipo, modello di governo dopo aver sentito i gruppi parlamentari. Ascolterà appunto, come da lui stesso detto all'uscita dell'incontro con il Presidente della Repubblica, le forze politiche e poi tirerà le somme per riferire al Capo dello Stato le sue determinazioni e sciogliere la riserva.


I numeri parlamentari

Ci sono i numeri in Parlamento per un governo guidato da Mario Draghi? Il nuovo premier incaricato ha infatti affermato, nel suo breve discorso dopo il colloquio con Mattarella, di essere fiducioso sulla possibilità di trovare un sostegno parlamentare. Ma le prime dichiarazioni provenienti dai partiti non sembrano poter garantire con certezza che ci sarà una maggioranza per Draghi. Diamo per scontato che Partito Democratico, Forza Italia, Italia Viva, forse LeU e altri gruppi minori (Autonomie, Europeisti, Misto) votino a favore, e allo stesso modo che Fratelli d'Italia voti contro. I dubbi riguardano il Movimento 5 Stelle e la Lega, cioè proprio i due partiti con il maggior numero di parlamentari, sia alla Camera che al Senato.


Gli scenari possibili

Vediamo allora cosa accadrebbe ipotizzando diversi scenari, ottenuti incrociando 1) la scelta della Lega (voto favorevole, voto contrario oppure astensione) e 2) la compattezza del M5S nel votare sì oppure no. Se la Lega voterà a favore, la maggioranza per Draghi è praticamente certa in ogni caso, anche senza l'appoggio del M5S: il nuovo governo avrebbe almeno 199 voti favorevoli (su 315) al Senato e 400 (su 630) alla Camera. Se invece la Lega dovesse votare contro, il governo Draghi potrebbe partire solo se il M5S votasse sì, limitando quanto più possibile le defezioni; viceversa, se anche il M5S fosse contrario, Draghi non avrebbe nemmeno la maggioranza assoluta - men che meno una molto ampia. Una terza soluzione per la Lega è quella dell'astensione: in questo caso, l'asticella per il voto di fiducia si abbasserebbe a quota 127 al Senato e 249 alla Camera, e diventerebbe così possibile far partire il governo Draghi anche con il voto contrario di tutto il M5S (oltre che di FDI), con 138 sì a Palazzo Madama e 269 a Montecitorio.


La questione 'ampiezza'

A questo punto, i numeri sulla carta ci sarebbero, ma entrerebbe in gioco un'altra variabile: ossia la (eventuale) indisponibilità dello stesso Draghi a guidare un esecutivo che non abbia una maggioranza parlamentare solida. Ecco perché, qualunque cosa decida di fare la Lega, diventa decisivo anche capire quale sarà l'orientamento - pure solo prevalente - dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle. E i partiti nel frattempo provano appunto a riorganizzarsi. Da Italia Viva Renzi invita tutti a sostenere l’ex numero uno della Bce, il leader del Pd Zingaretti si dice pronto ma guarda pure rinsaldare "l'alleanza con 5s e Leu”. Però proprio i pentastellati sono spaccati su Draghi, e Grillo dice che "serve lealtà a Conte", anche se Di Maio parla di un Movimento compatto. Il centrodestra ha tenuto un vertice, al termine del quale il Segretario della Lega Salvini ha espresso prudenza in attesa dell’incontro diretto con Draghi. La Meloni (Fdi) però per ora non cede sulla richiesta del voto anticipato, e propone un’astensione per mantenere unita la coalizione. Insomma, i giochi sono tutt’ora ancora tutti aperti. 

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