Governo, fra Draghi e Conte è tregua armata: il M5S resta nella maggioranza ma chiede discontinuità

Governo, fra Draghi e Conte è tregua armata: il M5S resta nella maggioranza ma chiede discontinuità

Governo, fra Draghi e Conte è tregua armata: il M5S resta nella maggioranza ma chiede discontinuità


Dopo giorni concitati il capo della formazione dei pentastellati ha consegnato al premier un documento critico fatto di 9 punti, in cui si invocano il salario minimo, la conservazione del reddito di cittadinanza e il salvataggio del superbonus al 110

Sono condensate in nove punti le ragioni del "profondo disagio politico" attuale del M5s a far parte della maggioranza di governo. Un cahier de doleances che Giuseppe Conte è finalmente riuscito a declinare a voce a Mario Draghi, nel corso di un colloquio inizialmente fissato per lunedì scorso, che ha avuto luogo a Palazzo Chigi e che è durato circa un'ora.


Il documento

Il documento - che si rivolge direttamente a Draghi - oltre a elencare quali dovranno essere gli interventi dell'esecutivo per evitare che la frattura tra i pentastellati e la maggioranza diventi insanabile, ripercorre alcuni snodi fondamentali dell'esperienza politica pentastellata degli ultimi mesi, soffermandosi in particolare sul delicato rapporto tra l'identità del Movimento e il senso di responsabilità per il Paese, in una fase emergenziale che si protrae ormai da tre anni, tra pandemia, guerra e crisi energetica. "Il Movimento 5 Stelle - si legge in quella che può definirsi una premessa - al momento della nascita del Suo Governo, ha sin dalle prime ore mantenuto una linea di assoluta responsabilità nazionale, di generosità politica, di consonanza con le indicazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Abbiamo deciso di non volgere le spalle al Paese, in un momento in cui era necessario procedere spediti nella campagna vaccinale e nel completamento del PNRR, dando priorità alla tutela della salute dei cittadini e al rilancio dell'intero sistema economico". Un atteggiamento responsabile che, a detta dello Stato maggiore pentastellato, è stato pesantemente pagato in termini elettorali: "Non si può nascondere che il processo politico e la collocazione nel governo, hanno pesato sul nostro elettorato. Lo hanno sfibrato e anche eroso". E' per questo, dunque, che nel passaggio successivo si chiede, o meglio si "pretende un forte segnale di discontinuità dal Capo dell'esecutivo, perché a questo punto per Conte e i suoi la "responsabilità di fatto rischia di coincidere con un atteggiamento remissivo e ciecamente confidente".


Il rumore

Insomma, tanto rumore per (quasi) nulla. Dopo giorni concitati, un'Aula sospesa di continuo nell'attesa del confronto, Conte consegna nelle mani di Draghi un (altro) penultimatum. Perché, no, non possiamo definire ultimatum quello che l'ex premier ha lanciato a Draghi, nel corso dell'incontro chiarificatore che per la tragedia della Marmolada era stato rinviato. "Restiamo al Governo, ma con forte disagio politico, per cui si chiede discontinuità”: questo il senso, in sintesi della posizione grillina. Che invoca pertanto fra l’altro l’introduzione del salario minimo e il mantenimento sia del reddito di cittadinanza sia del superbonus al 110%. Da Palazzo Chigi trapela ottimismo. Intanto il governo pone la fiducia sul Decreto Aiuti, e Movimento dirà sì, anche se si asterrà nel voto finale sul provvedimento nel suo complesso.


Centro

Nel frattempo proseguono le grandi manovre al centro. Partire dall'agenda di governo più che dal posizionamento: è lo schema di gioco che Giovanni Toti, governatore della Liguria, propone per il suo nuovo soggetto politico, Italia al centro, che sabato lancerà a Roma nella prima convention nazionale. Un progetto, anzi un "cantiere", secondo il motto dell'evento. Nella "corsa al centro" che sta caratterizzando l'attuale convulsa fase politica, si inserisce dunque il nuovo soggetto di Toti, che cerca di collocarsi in uno spazio affollato, dove c'è la concorrenza, da un lato, di un partito moderato storico come Fi, dall'altro nuove realtà come Azione/+Europa di Calenda e Della Vedova, o Italia Viva di Renzi, o Noi di Centro di Mastella. E nel cosiddetto possibile "partito di Draghi senza Draghi" ecco pure Di Maio che ha incontrato il sindaco Sala


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