Governo, il premier Draghi loda il debito buono ma sulla pandemia invita di nuovo alla prudenza: ‘Non è finita’

Governo, il premier Draghi loda il debito buono ma sulla pandemia invita di nuovo alla prudenza: ‘Non è finita’

Governo, il premier Draghi loda il debito buono ma sulla pandemia invita di nuovo alla prudenza: ‘Non è finita’


Intanto è in corso l’ultima mediazione nei 5S. A quanto si apprende, i parlamentari del Movimento hanno dato mandato ai due capigruppo di scrivere a Grillo e a Conte per un confronto pubblico in sede parlamentare. E una risposta è prevista nelle prossime ore

L'economia italiana è ripartita, ma la pandemia non è ancora finita e la crisi sanitaria non può dirsi conclusa. In ogni caso, se le varianti del virus dovessero ulteriormente complicare la situazione, il governo è pronto a intervenire ancora. Questo il messaggio che Mario Draghi consegna nel suo intervento alla cerimonia di chiusura dell'anno accademico dell'Accademia dei Lincei.


Il discorso

"A più di un anno dall'esplosione della crisi sanitaria, possiamo finalmente pensare al futuro con maggiore fiducia - premette Draghi - la campagna di vaccinazione procede spedita, in Italia e in Europa. Dopo mesi di isolamento e lontananza, abbiamo ripreso gran parte delle nostre interazioni sociali. L'economia e l'istruzione sono ripartite". Tuttavia, aggiunge, "dobbiamo però essere realistici. La pandemia non è finita. Anche quando lo sarà, avremo a lungo a che fare con le sue conseguenze. Dobbiamo fronteggiare l'emergere di nuove e pericolose varianti del virus. Rimaniamo pronti a intervenire con convinzione nel caso ci fosse un aggravarsi della pandemia tale da provocare danni all'economia del paese". Il tasso di crescita dell'economia italiana, secondo Draghi, a fine anno sarà superiore rispetto alle stime: "le previsioni attuali della Commissione indicano un aumento del PIL quest'anno in Italia e nell'UE del 4,2%. Credo che queste stime verranno riviste al rialzo, anche in maniera significativa", dice. "La fiducia di consumatori e imprenditori sta tornando. La BCE ha indicato che intende mantenere condizioni finanziarie favorevoli. Con il recedere dell'incertezza, l'effetto espansivo della politica monetaria acquisirà ancora più forza. Famiglie e imprese sono più disposte a prendere a prestito e investire quando il futuro è più sicuro".


Il debito buono

Ma resta l'incognita debito, prosegue il premier. "Alla fine di quest'anno, il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo in Europa sarà cresciuto di circa 15 punti percentuali rispetto alla fine del 2019. In Italia, secondo le stime della Commissione Europea, il debito pubblico aumenterà dal 135% del Pil, al 160%. Si tratta di un incremento maggiore rispetto a quello della Grande Crisi Finanziaria", continua. "Oggi è giusto indebitarsi, ma questo non è sempre vero", ribadisce Draghi ricordando la distinzione tra 'debito buono' e 'debito cattivo'. "Ciò che rende il debito buono, o cattivo, è l'uso che si fa delle risorse impiegate. Questa distinzione è particolarmente importante in una fase di transizione come quella attuale, in cui possono essere più marcate le differenze di produttività tra i progetti in cui è possibile investire". In ogni caso, continua Draghi, "per l'Italia, questo è un momento favorevole. Le certezze fornite dall'Europa e dalle scelte del governo, la capacità di superare alcune di quelle che erano considerate barriere identitarie, l'abbondanza di mezzi finanziari pubblici e privati sono circostanze eccezionali per le imprese e le famiglie che investiranno capitali e risparmi in tecnologia, formazione, modernizzazione. Ma è anche il momento favorevole per coniugare efficienza con equità, crescita con sostenibilità, tecnologia con occupazione. È un momento in cui torna a prevalere il gusto del futuro. Viviamolo appieno, con determinazione e con solidarietà", conclude.


Il M5S

Intanto cala il silenzio nello showdown del M5S, che vede Beppe Grillo versus Giuseppe Conte. Dopo il botta e risposta di ieri, le assemblee dei gruppi parlamentari, i 'big' tacciono e i due contendenti sembrano spariti dai radar. Questa mattina l'incontro tra Conte e il ministro Luigi Di Maio, nell'abitazione dell'ex premier a due passi da Palazzo Chigi. L'ex capo politico starebbe tentando un'ultima mediazione, per quanto complessa, difficile da centrare. Poi è arrivato all'accademia dei Lincei per la chiusura dell'anno accademico, il responsabile della Farnesina si è fermato con il presidente della Camera Roberto Fico, un confronto durato diversi minuti. La possibile mediazione, come chiesto da più voci dei 5 Stelle, potrebbe passare dal voto sullo statuto messo a punto da Conte in questi 4 mesi. Ma ci sarebbero da superare le asperità dell'ex premier da un lato e di Grillo dall'altro. Mentre la via della sfiducia del garante, prevista dall'articolo 8 dello statuto, sembrerebbe difficilmente percorribile, perché ai più suona come un parricidio insostenibile, un epilogo che lo stesso Conte non vorrebbe. Fonti vicine al fondatore del Movimento raccontano di un Grillo furente nei giorni scorsi per chi, in questa resa dei conti, ha preso pubblicamente posizione contro di lui. Se nel video di ieri Grillo ha mostrato toni concilianti, con i suoi ieri minacciava di "buttarli tutti fuori, li voglio tutti fuori", racconta chi ha avuto modo di parlargli. Intanto Vito Crimi, a cui Grillo aveva dato 24 ore per indire la votazione su Rousseau per il Comitato direttivo, sembra aver mantenuto la sua linea, in aperto contrasto col fondatore del Movimento: al momento nessun voto è stato fissato per la nuova guida collegiale del Movimento. Nelle ultime ore si registra, nelle file delle truppe 'contiane', un certo raffreddamento circa l'ipotesi di confluire in un eventuale, nuovo partito guidato dall'ex presidente del Consiglio. Senza contare che per molti volti storici del M5S a partire dalla vicepresidente del Senato Paola Taverna, grillina della prima ora, lasciare il Movimento dopo una lunga militanza rappresenterebbe un passo difficile e doloroso. "Emerge anche la consapevolezza", spiegano fonti parlamentari, "che una larga fetta del consenso di cui oggi gode Conte è legato alla prospettiva di una sua leadership nel M5S. Ma fuori dal Movimento, Giuseppe, con un suo partito personale, otterrebbe lo stesso successo?". Pesa inoltre il discorso economico: "Creare da zero un nuovo partito è complicatissimo. I soldi per lo staff, per il disbrigo delle pratiche legali, da dove li prendono?", si domandano le stesse fonti pentastellate. E anche nella compagine dei senatori, dai più descritta come un blocco granitico di fedelissimi di Conte, sarebbero affiorate le prime crepe. Non tutti, infatti, hanno condiviso il comunicato stampa diffuso nella tarda serata di ieri al termine dell'assemblea, dove si chiede di condividere con l'intera comunità 5 Stelle lo statuto redatto da Conte. Diversi eletti si sarebbero dissociati dal contenuto del comunicato, chiedendo di non diffonderlo. Emerge, infine, il timore per un nuovo colpo di teatro da parte di Grillo. L'ipotesi che il garante decida di mettere all'angolo Conte convocando una votazione sul nuovo statuto - riveduto e corretto secondo le indicazioni del confondatore del M5S - starebbe agitando (e non poco) i senatori più vicini all'ex inquilino di Palazzo Chigi.



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