The Substance, la recensione del Body Horror con Demi Moore

The Substance, la recensione del Body Horror con Demi Moore

The Substance, la recensione del Body Horror con Demi Moore


La pellicola diretta da Coralie Farget è stata presentata in Concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes

Scioccante, inquietante e sconvolgente. È uscito nelle sale italiane lo scorso 30 ottobre “The Substance”, il film con Demi Moore e diretto dalla regista francese Coralie Farget. La pellicola ha ricevuto un'ovazione di 13 minuti al termine della sua anteprima al Festival di Cannes 2024, dove è stata presentata nel concorso ufficiale. Un body horror che, giocando con le regole del genere, mette in scena una riflessione profonda e violenta sulle rigide regole del sistema dello spettacolo.


THE SUBSTANCE, LA TRAMA

Il film racconta la storia di Elisabeth (Demi Moore), un'attrice hollywoodiana finita nel dimenticatoio, che è stata licenziata dal programma che conduceva soltanto per aver superato i 50 anni di età. La donna decide di rispondere ad un annuncio in cui cercano persone su cui sperimentare un misterioso siero. Esso promette di generare una versione perfetta di se stessi. Una volta somministrata la sostanza, Elisabeth si rende conto che il siero agisce in maniera differente da come si aspettava: nasce Sue (Margaret Qualley), la versione più giovane e bella di se stessa che riesce in tutto quello che la donna non può più fare a causa dei limiti d’età. Le regole prescritte però sono molto chiare: le due donne dovranno alternarsi ogni settimana, cosicché una sia ibernata, mentre l'altra è in circolazione. In questo modo Elisabeth potrà percepire nello stato di ibernazione ogni cosa che Sue farà, vivendo tramite l’altra la propria giovinezza e i benefici che ne conseguono.

Ma tutto precipita quando Sue inizia a diventare sempre più ribelle, decidendo di restare "attiva" più del limite stabilito, prosciugando la linfa vitale di Elisabeth.


THE SUBSTANCE, IL PREZZO DELLA BELLEZZA

Il voyeurismo violento e capitalistico della società dello spettacolo che abusa del corpo delle persone (e delle donne in particolare) per generare profitto. Un mondo dove si è sempre più guardati, dove si invecchia prima e dove basta una ruga per perdere denaro e essere tagliati fuori dallo studio sistem. Un grido disperato e angosciante verso i dettami occidentali che producono dei canoni di bellezza sempre più pericolosi e irraggiungibili. “The Substance” si comporta come un perfetto B-Movie, nutrendosi della tradizione del cinema Horror che ha fatto la fortuna del genere. Ma la pellicola di Coralie Farget va oltre, dialogando costantemente con il cinema d'autore, profondo e impegnato, miscelando sapientemente l’alto e il basso. Fa grande uso dei grandangoli kubrickiani e sfoggia una cura formale, raffinata e mai lasciata al caso che eleva la pellicola. Demi Moore è perfetta nel ruolo che le viene scritto, poiché come la protagonista che interpreta, anche lei è stata un sex symbol che ha giovato della sua bellezza e che oggi fa il conto con l’età che avanza. Un cortocircuito metatestuale dove sembra che interprete e personaggio si fondano insieme.

In “The Substance” non c’è più la vendetta nei confronti dell’uomo (come era stato tematizzato in “Revenge”, altro titolo diretto dalla regista francese) ma c’è la rivalsa con se stessi, anzi con se stesse. Ma tutto è più sfumato e complesso. Le donne non sono rappresentate solo come vittime, ma anche come artefici del sistema che la pellicola critica aspramente: lo sguardo maschile è stato interiorizzato e, infatti, Elisabeth diventa carnefice di sé stessa, rovinando un corpo già bellissimo pur di riconquistare la giovinezza perduta che è sinonimo di accettazione e consenso. La mercificazione di se stessi raggiunge vette orrorifiche per poi deflagrare in un finale splatter ai limiti del grottesco. La pellicola si prende i suoi tempi, camminando piano e con un ritmo inesorabile. Soltanto all’ultimo porta le tematiche alle estreme conseguenze, diventando quasi insostenibile per lo spettatore costretto a guardare lo spettacolo esagerato e disgustoso che viene messo in scena. Un cinema impegnato e politico ma confezionato come un horror mainstream che, probabilmente, cambia di senso se viene guardato dagli uomini o dalle donne, pur conservando un fascino sublime e scioccante per entrambi. 


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