Governo, il presidente del Consiglio Mario Draghi anche a Montecitorio ottiene una maggioranza solida

Governo, il presidente del Consiglio Mario Draghi anche a Montecitorio ottiene una maggioranza solida

Governo, il presidente del Consiglio Mario Draghi anche a Montecitorio ottiene una maggioranza solida


No alla fiducia al governo Draghi solo da Fdi, Si e dai ribelli 5S, il voto si è svolto come era nelle previsioni, all'interno del cinque stelle c'è sempre più fermento

Prima una lunga discussione che, come già successo ieri a Palazzo Madama, scorre via senza nulla di particolare da segnalare, quindi una replica del premier, di soli 13 minuti, e infine un risultato nella votazione che dice una maggioranza, come da previsioni, molto solida: 535 sì, 56 no, 5 astenuti. Questo in sintesi il passaggio della fiducia al governo di Mario Draghi a Montecitorio, votata alla fine da tutti (M5S, Lega, Pd, Fi, Iv, Leu, centristi vari), tranne Fdi (Giorgia Meloni: “senza la nostra opposizione sarebbe Corea del Nord, perché nell’esecutivo ci sono ancora molti incapaci”), Sinistra italiana, un gruppetto di dissidenti pentastellati e un leghista, passato a Fdi, Vinci.


La replica di Draghi

Da parte sua Draghi nel suo intervento in replica ha prima di tutto garantito aiuti alle piccole e alle medie imprese (“c’è l’esigenza di coniugare internazionalizzazione, accesso al capitale, e investimenti per garantire la ripartenza delle pmi”), ha poi promesso una dura lotta contro la corruzione e le mafie (“un Paese capace di attrarre investitori deve difendersi dai fenomeni corruttivi, questi portano anche a effetti depressivi sul tessuto economico e sulla libera concorrenza”), ha quindi indicato come obbiettivo la ragionevole durata dei processi (“è necessario ridurre la durata dei procedimenti”), ha infine rassicurato sull’impegno per le carceri. Ma non solo. Il presidente del Consiglio ha posto l'accento anche su semplificazione (“bisogna semplificare il funzionamento della P.A”), lo sport e il turismo.


Il caos 5 Stelle

In realtà, tensioni e fibrillazioni sono state tutte concentrate fuori dall'Aula per il 'peso' dello strappo che si sta consumando nel Movimento 5 stelle. Il day after dell'esordio di Draghi in Parlamento miete le sue prime 'vittime': i 15 senatori pentastellati che ieri hanno votato contro la fiducia al governo saranno espulsi, annuncia in mattinata il capo politico reggente Vito Crimi. Da verificare, invece, la posizione dei 6 5s assenti 'non giustificati', ma anche per loro all'orizzonte si prospetta la sanzione estrema. Allo stesso modo, si profila identico destino per i ribelli di Montecitorio. Insomma, più che sul tabellone dei numeri alla Camera i riflettori sono stati puntati sui 5 stelle, dove cresce il malessere e gli espulsi fanno sentire la loro voce, preannunciando battaglia. Parte all'attacco Barbara Lezzi, il cui no a Draghi con successiva espulsione pesa parecchio, accanto a quello di Nicola Morra. La senatrice annuncia: "Ho preso la decisione. Mi candido a far parte del comitato direttivo del M5s", ovvero l'organismo che sostituirà il ruolo del capo politico. Morra confessa di essere "molto scosso" per l'espulsione, "ora voglio riflettere. Mi sento M5s nel sangue". Elio Lannutti, altro dissidente espulso, annuncia che farà ricorso, mentre lo stesso Morra ritiene "doverosa la ratifica dell'espulsione attraverso il voto degli iscritti". E Mattia Crucioli conferma di lavorare alla creazione di un nuovo gruppo "che sarà all'opposizione" del governo Draghi, voce che già circolava ieri sera nei corridoi di palazzo Madama. Bianca Laur Granato scrive a Crimi, premette che "non siamo gli utili idioti di nessuno" e attacca: "Se vi piace gestire un gruppo politico in maniera personalistica e autoritaria con lo stesso soggetto che assolve alla funzione di capo politico facente funzioni e membro anziano del Comitato di garanzia, ossia controllore e controllato, fate pure, non voglio accettare la condizione di 'far torto o patirlo', quindi accetto l'espulsione". Pur senza intervenire in maniera diretta, torna a far sentire la sua voce Beppe Grillo. Lo fa attraverso un articolo della senatrice L'Abbate pubblicato sul suo blog, una condivisione che offre l'occasione al garante M5s di invocare "unità" come "unica strada". Un modo per rimarcare il sì al governo Draghi.


Le tensioni Democratiche

Anche tra i Democratici continua la 'maretta': ancora non smaltita la rabbia delle donne per l'assenza al governo e in attesa della partita su sottosegretari, fa discutere la nascita dell'intergruppo al Senato con M5s e Leu. Goffredo Bettini precisa che "in nessun modo sono intervenuto o ho espresso opinioni e suggerimenti direttamente o indirettamente". Si assume invece la responsabilita' Andrea Marcucci: "L'intergruppo con M5s e Leu ha lo scopo di garantire un confronto parlamentare sui temi e sull'agenda del Senato. L'ho fatto da capogruppo, avvalendomi della mia autonomia". Non manca di ironia il commento di Matteo Renzi: "A sinistra è nato un intergruppo parlamentare tra Partito democratico, Leu e 5 Stelle. Mi spiace per i riformisti". Il leader di Iv aggiunge: "Mi fa sorridere pensare che le decisioni della sinistra non vengano prese nei gazebo con le primarie ma sulla piattaforma Rousseau. Ma dobbiamo rispettare questa scelta dei nostri ex compagni di strada".


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