Due sotto il burqa, piccolo gioiello della commedia iraniana

Due sotto il burqa, piccolo gioiello della commedia iraniana

Due sotto il burqa, piccolo gioiello della commedia iraniana


Come liberare una giovane ragazza islamica dal fondamentalismo del giovane fratello da poco convertito? Ce lo spiega Sou Abadi, nella sua divertente opera prima.

Armand e Leila studiano insieme e hanno un sogno: vincere la borsa di studio per un tirocinio all’ONU di New York. Il primo è figlio di una femminista iraniana fuggita dal regime quando era ancora ragazza e di un tassista ebreo comunista, la seconda appartiene ad una famiglia musulmana dove a farne da padrone è il fratello, da poco tornato dallo Yemen e convertito al fondamentalismo islamico. Armand, non tollerato dal fratello integralista di Leila, dovrà inventarsi un modo ingegnoso per poter continuare a frequentare la ragazza e poter fuggire insieme verso New York. Un burqa sarà la sua salvezza.
“Se conosci il tuo nemico e te stesso, la vittoria è sicura”, così recita un verso de L’arte della Guerra. Si può applicare lo stesso mantra in un problema d’amore tra due famiglie culturalmente diverse. Che i francesi fossero bravi a fare commedia melting-pot si sapeva (Quasi amici, Non sposate le mie figlie!), che un regista iraniano fosse ancora più in gamba sicuramente meno. È una commedia profondamente ironica, senza sfociare necessariamente nell’irriverenza o nella satira cinica (tipo Il Dittatore di Sacha Baron Cohen). Non si sbilancia mai fortemente, ma allo stesso tempo riesce a far ridere più di testa che di pancia.

Un mix molto ben equilibrato e ben riuscito. Alcuni personaggi appartengono al cliché della commedia francese (i genitori gauche caviar di Armand ricordano molto i personaggi tratteggiati in Cena tra amici), ma non per questo rendono questo film meno efficace. La preparazione del giovane Armand a fingersi una donna musulmana è sulla scia delle più tradizionali commedie americane dove un pesciolino deve fingersi squalo, ma calata nel contesto studentesco del film, funziona ancor meglio. Non c’è la volontà chiara e definita di far riflettere sul ruolo della donna nella religione musulmana, ma piuttosto è una presa in giro continua della società francese (musulmani compresi), dando un colpo al cerchio ed uno alla botte. Una commedia senza particolari innovazione se vogliamo, ma chi ha detto che per far ridere bisogna sapersi innovare… Il finale è scontato e buono, ma non è un punto a sfavore. Il quid è piuttosto essere riusciti a tirare fuori una commedia spensierata e ironica su temi politico-culturali che da anni infestano sin troppo la nostra quotidianità, senza voler fare un’analisi pompata e in cattedra del problema.In un’altra parola, questo film sa di genuinità.

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