Jim & Andy, The great beyond, documentario necessario

Jim & Andy: The great beyond, documentario necessario

Jim & Andy: The great beyond, documentario necessario


Sbarcato su Netflix il 17 novembre un film dell’ultimo Festival di Venezia 74, (immeritatamente) fuori concorso

Anzitutto partiamo dal titolo, bello per esteso: Jim & Andy: The Great Beyond – Featuring a Very Special, Contractually Obligated Mention of Tony Clifton. 
Per capirlo più a fondo (anche il titolo stesso) sarebbe necessario aver visto Man on the Moon, ma non è strettamente necessario. 
Cos’é? È il dietro le quinte di uno dei più acclamati film con protagonista Jim Carrey, per l’appunto Man on the Moon, film che racconta della vita di Andy Kaufman, uno dei comedian più poliedrici in attività negli Stati Uniti a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. 
In linea di massima i dietro le quinte sono quelle cose che vengono distribuite sul web o nei DVD, ad accompagnare un film. In questo caso, mi permetto di dire, che la magnificenza di questo documentario, supera, a tratti, la bellezza del film originale di Milos Forman. 
Jim & Andy, non solo ti fa capire che persona sia Jim Carrey, ma va oltre. Ti fa ribaltare per 90 minuti il modo di vedere il mondo: è pazzo il pazzo che afferma che siamo tutti pazzi, oppure i pazzi siamo realmente noi?

È stato tutto un caso. 
Sia il fatto che abbia visto questo film al Festival di Venezia, che Jim Carrey, ai tempi, girare Man On The Moon. 
Nel mio caso sono state due ore buche prima della proiezione stampa di Mother (film con tantissime pecche e arrivato al Festival in pompa magna), nel caso di Carrey un ripescaggio dopo altri attori selezionati. 
Ma andiamo con ordine. 


Il fatto che Carrey fosse non solo un comedian, ma bensì un attore e ancor più un essere umano fuori dalla norma, si era capito già da un po’ di anni. Ace Ventura è stato il cavallo di Troia per un attore che voleva fare da sempre Man on the Moon. Ed è raro per un documentario riuscire a scavare e fare intravedere qualcosa del profondo di un attore così complicato come Carrey. 
Prendere l’espediente della duplicità di un attore (quando interpretò Kaufman, si finse quest’ultimo per tutto il tempo delle riprese. Metodo Stanislavskij portato all’ennesima potenza) per andare a parlare più nel profondo cosa possa arrivare a creare una mente artistica come quella di Carrey e soprattutto cosa possa provare. 


Sono 90 minuti di un puro inno al cinema, alla bellezza e alle avversità della vita. Ma ancora una volta Jim Carrey stupisce e ti fa emozionare come forse in nessun altro film ha fatto, dando un colpo di coda inaspettato per il finale, con queste precise e spiazzanti parole: 
Non voglio più nulla. Questa è la cosa più strana da dire in un posto come l’America. Non ho ambizioni. Davvero non ne ho. Non devo andare da nessuna parte. 
Questo per me è affascinante oggi: scomparire.
Questo cambiamento arriva da qualche parte nel mezzo della più assoluta confusione, della più assoluta delusione. Aver realizzato tutti i miei sogni, avere tutto ciò che ognuno potrebbe desiderare ed essere infelice”.


Togliamoci il cappello e apprezziamo la schiettezza e la profondità di un animo tremendamente umano come quello di Jim.


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