
Giorno del Ricordo, Mattarella sulle foibe: “Fu occultamento della storia”. Meloni: “Ricordare è un dovere” Photo Credit: Agenzia Fotogramma
10 febbraio 2025, ore 16:30
Oggi la giornata, istituita nel 2004, per le vittime italiane dei crimini dei partigiani jugoslavi e per l’esilio delle genti giuliano-dalmate. Una storia spesso dimenticata, in cui migliaia di uomini, donne e bambini vennero gettati nelle cavità carsiche
Oggi l’Italia ricorda, anche per colmare un vuoto che per troppi anni è stato lasciato ai margini della coscienza nazionale. Il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004, è molto più di una celebrazione formale: è un atto di giustizia storica verso le migliaia di italiani gettati nelle foibe e le centinaia di migliaia costretti a lasciare la propria casa nell’Istria, a Fiume e in Dalmazia.
La storia
Per decenni, il dramma delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata è rimasto nell’ombra, sepolto da un muro di silenzio. Era una pagina "scomoda", difficile da raccontare, persino da accettare. Gli esuli, quegli italiani fuggiti dalle loro terre d’origine con in tasca solo la chiave di una casa che non avrebbero mai più rivisto, hanno vissuto l’umiliazione dell’oblio, del sospetto, perfino dell’ostilità. Ma la verità ha la forza di riaffiorare, come l’acqua carsica delle terre martoriate del confine orientale. E così, oggi l’Italia ricorda, con la voce di chi ha vissuto quegli anni, con le testimonianze di figli e nipoti che non vogliono che il sacrificio dei loro avi venga dimenticato.
Le vittime
Il Giorno del Ricordo dunque non è una data qualsiasi. È il giorno in cui il Paese si stringe attorno alle migliaia di nomi e volti di uomini, donne e bambini inghiottiti dalle foibe, uccisi perché colpevoli di essere italiani in una terra in cui l’ideologia comunista di Tito voleva cancellare ogni traccia della nostra presenza. È il giorno delle centinaia di migliaia di esuli, di intere famiglie costrette ad abbandonare la propria storia, trovando spesso in Italia un'accoglienza fredda e diffidente. Ricordare oggi non significa solo onorare i morti, ma restituire dignità ai vivi. Significa riconoscere che la storia italiana non si ferma alla Seconda guerra mondiale, che non esistono vittime di serie A e di serie B. Significa insegnare alle nuove generazioni che l’identità di un popolo non si cancella con la violenza e che la memoria non può essere selettiva.
Le cerimonie
Le cerimonie ufficiali, come quella al Quirinale, e le tante iniziative in tutta Italia servono a ribadire che la nostra Nazione ha scelto di non dimenticare più. Oggi, chi porta nel cuore l’eredità dell’esodo e delle foibe non è più solo: è parte della coscienza collettiva di un’Italia che ha finalmente aperto gli occhi su una tragedia che le appartiene. Il 10 febbraio è il giorno in cui la memoria rinasce. Perché ricordare è un dovere. Ma, soprattutto, è un atto di giustizia.
Meloni
Da parte sua la premier Giorgia Meloni sui social scrive: "Ricordare è un dovere di verità e giustizia, onoriamo la memoria di quei martiri italiani due volte, per nascita e per scelta. Nel Giorno del Ricordo rendiamo omaggio alle vittime delle FOIBE e a tutti coloro che subirono la tragedia dell'esodo giuliano-dalmata. L'Italia non dimentica". Poi aggiunge che "nessun tentativo negazionista o giustificazionista potrà mai più nascondere o cancellare" la vicenda delle FOIBE, e posta un video della sua visita dello scorso anno alla Foiba di Basovizza, dove oggi si è svolta una cerimonia solenne alla presenza del Guardasigilli Nordio.
Mattarella
E durante la celebrazione del Giorno del Ricordo al Quirinale, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato l'importanza di preservare la memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Ha affermato che tale memoria "perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori". Mattarella ha inoltre condannato le recenti vandalizzazioni dei simboli delle foibe, definendole "squallide provocazioni" che non possono minare il ricordo e la condanna di quella tragica stagione storica. Ha ricordato come gli italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia furono posti di fronte a un drammatico dilemma: assimilarsi o emigrare, con circa 300.000 persone che scelsero l'esilio. Il Presidente ha concluso evidenziando che le foibe restano il simbolo più tetro di quella stagione, caratterizzata da una lunga serie di uccisioni, arresti, torture, saccheggi e sparizioni. Parole insomma che rafforzano l'importanza di una memoria condivisa e della riconciliazione, affinché tragedie simili non si ripetano mai più.