L'emergenza coronavirus e l'importanza del sistema sanitario in Italia messo oggi a durissima prova dalla pandemia

L'emergenza coronavirus e l'importanza del sistema sanitario in Italia messo oggi a durissima prova dalla pandemia

L'emergenza coronavirus e l'importanza del sistema sanitario in Italia messo oggi a durissima prova dalla pandemia


Istituito nel 1978, il sistema sanitario nazionale, alimentato con i contributi dei cittadini, garantisce assistenza a tutti

Nessuna società può legittimamente dirsi civile se nega l’assistenza sanitaria a una persona malata a causa della sua mancanza di mezzi”. Questa frase fu pronunciata dal politico britannico, Aneurin Bevan, l’artefice della nazionalizzazione del sistema sanitario inglese nel 1945. Egli sosteneva che lo Stato dovesse tutelare il diritto alla salute di ogni cittadino, senza distinzioni di età, sesso, razza e disponibilità economiche. Anche l’Italia ha adottato questo modello. La Legge Mariotti del 1968 pose, infatti, le basi per la nascita del vero e proprio Servizio Sanitario Nazionale (SSN), istituito nel 1978 e definito come il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione. Ovviamente il Servizio Sanitario Nazionale è sostenuto dai versamenti dei contributi da parte dei cittadini che però, nel momento del bisogno, possono godere di un’assistenza completa e gratuita (escluso il pagamento di eventuali ticket).

Un passo epocale

I benefici ottenuti con l’entrata in vigore del Servizio Sanitario Nazionale nel nostro paese furono incredibili. Basti pensare che, in assenza dell’assistenza sanitaria pubblica, ben trenta bambini su mille morivano prima del compimento del primo anno d’età. Oggi il numero è sceso a meno di tre. Anche l’aspettativa media di vita si è allungata considerevolmente. Nel 1960, un individuo viveva in media 69 anni; oggi siamo a più di 82 (negli Stati Uniti la media è di meno di 79 anni). Indubbiamente il progresso tecnologico e scientifico hanno giocato un ruolo di primaria importanza per il raggiungimento di tali risultati, ma gran parte del merito appartiene al Servizio Sanitario Nazionale. Eppure, nonostante il diritto alla salute sia fortemente tutelato anche dall’art. 32 della Costituzione Italiana, che lo identifica come un diritto fondamentale dell’individuo e come un interesse della collettività, nel corso degli anni si è registrato un progressivo ed evidente calo dei finanziamenti al Servizio Sanitario Nazionale.

Fondi tagliati

Tra il 2010 e il 2015 sono stati tagliati ben 25 miliardi di euro, mentre, tra il 2015 e il 2019, 12 miliardi. Il totale dei tagli alla sanità pubblica in dieci anni ammonta quindi a 37 miliardi di euro. Il Servizio Sanitario Nazionale, però, per poter funzionare al meglio e garantire un buon livello di assistenza, necessita di continui e costanti finanziamenti. Vi sono gli stipendi degli operatori sanitari, la manutenzione delle strutture, la formazione di nuovo personale, l’acquisto di nuove apparecchiature, la ricerca e la prevenzione. La mancanza di finanziamenti è il vero e proprio tallone d’Achille della sanità pubblica italiana; ad esempio, secondo il “Mission board on cancer” della Commissione Europea, presieduto da Walter Ricciardi (l’ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità), ben l’80% dei tumori è prevenibile attraverso la sensibilizzazione e il corretto comportamento dei cittadini. Per fare ciò, ovviamente, sono necessari investimenti di grande rilievo e progetti politici ed economici a lungo termine. Altro dato che fa riflettere è quello sul costo annuale per la cura delle malattie croniche in Unione Europea, che ammonta a 1 trilione di euro (una somma composta da diciotto zeri). Questi dati servono per dare l’idea di quanto un sistema sanitario pubblico richieda ingenti sforzi e continui investimenti per essere sempre all’avanguardia e soddisfare i bisogni dei cittadini.


Italia e Stati Uniti, le differenze

È però interessante effettuare un confronto con la più grande potenza mondiale, gli Stati Uniti, caratterizzati da un’assistenza sanitaria privata. Negli USA, in mancanza di un’adeguata assicurazione medica, il costo di un’anestesia oscilla tra i cinquecento e i cinquemila dollari, l’uscita di un’ambulanza va, in media, dai quattrocento ai milleduecento dollari, mentre per una radiografia possono essere necessari da centonovanta a mille dollari. Negli Stati Uniti le tasse e i contributi da versare saranno sicuramente minori, ma siamo sicuri che una tassazione più ridotta sia meglio di un’assistenza sanitaria pubblica? 

Curare al tempo del coronavirus

L’emergenza Coronavirus, che nel giro di pochi mesi si è diffusa in tutto il mondo, sta mettendo a dura prova anche il Servizio Sanitario Nazionale italiano. Contenere una pandemia come quella di Covid-19, se non impossibile, è parecchio complicato e difficile. Le strutture sanitarie, per quanto organizzate e piene di professionisti, non sono attrezzate per gestire un afflusso di pazienti così elevato. Nonostante tutto il nostro Servizio Sanitario Nazionale, seppur a fatica, continua a reggere, soprattutto grazie all’impegno, alla professionalità e all’umanità di tutto il personale sanitario impegnato in quest’emergenza. L’epidemia di Coronavirus, con tutta la sua brutalità e ferocia, ci fa comprendere realmente quanto sia importante poter disporre di un Servizio Sanitario Nazionale a disposizione di tutti i cittadini e, soprattutto, di quanto i continui tagli alla spesa possano creare problemi e danni ancor più netti ed evidenti. L’Italia continuerà ad affrontare a testa alta questa crisi e, sicuramente, ne uscirà presto (pur avendo pagato un caro prezzo). La speranza è che questa terribile epidemia convinca tutti i cittadini e la classe dirigente di quanto la sanità pubblica sia un tesoro e un bene inestimabile per l’Italia e che vada mantenuta, curata e conservata come un gioiello prezioso. 


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