La scommessa di Alessandro Siani è stata vinta: portare Diego Armando Maradona a teatro (e che teatro!) e raccontare almeno un po' del mito. Per come è stato vissuto dalla 'sua' Napoli e da se stesso. Da quel "Io non tradisco", un po' ruffiano, ma tanto 'maradonesco' richiamo alla vicenda-Higuain, è stato un crescendo di ricordi ed emozioni, per la platea del San Carlo e per Diego in prima persona. L'uomo, che ha sempre messo al centro della sua vita una palla, lo ha quasi urlato sul palco: "Io, ho sempre preferito correre dietro a un pallone, piuttosto che dietro ai soldi". Ed è semplicemente vero, pensando a quello che avrebbe potuto guadagnare altrove, abbandonando Napoli o semplicemente non scegliendola. Ancora, in quel "Con questa maglietta, io ho sognato", ci sono i desideri realizzati di un'intera generazione e di una città, che scoprì il gusto inebriante della vittoria e del rispetto, dopo decenni di rovesci calcistici.
Ecco: Napoli, con Maradona, vinse in campo ed è giusto partire da qui. Da un verso, non avrebbe senso andare oltre, non ascrivere al giocatore un riscatto sociale, che semplicemente non ci fu. Al contempo, far finta di non vedere la gioia-bambina, provata grazie al '10' da un intero popolo, è da moralisti. O cinici. E non sapremmo cosa sia peggio. Con Maradona, è facilissimo lasciarsi andare ai giudizi, fare un po' i bravi ragazzi e alzare il ditino. Così facendo, però, si perde di vista una bellissima storia: la favola di un figlio del Sud del mondo, che seppe farsi supereroe. Guascone è un po' insopportabile, ma capace di entrare in sintonia con un'intera città, con un solo gesto o pochissime parole. E qualche proclama, che a Napoli, da Masaniello a scendere, ha sempre avuto il suo effetto. "Maradona è tornato!", si sentiva ieri in tutta una città. Perché non c'è ritorno più bello di chi non avresti voluto mai vedere andar via.
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