Turchia, Erdogan, Santa Sofia torna moschea

Turchia, Erdogan, Santa Sofia torna moschea

Turchia, Erdogan, Santa Sofia torna moschea


Annunciata ufficialmente la riconversione del monumento. Il Consiglio di Stato annulla, così, il decreto del 1934 che la rese museo

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato la riapertura ufficiale di Santa Sofia come moschea, dopo la decisione del Consiglio di stato turco che ha annullato il suo status di museo. "È stato deciso che Santa Sofia sarà posta sotto l'amministrazione della Diyanet", l'autorità statale per gli affari religiosi, che gestisce le moschee della Turchia, "e sarà riaperta alla preghiera" islamica, si legge nel decreto, firmato da Erdogan e diffuso sul suo profilo Twitter. La decisione è già stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Il Consiglio di Stato turco ha così annullato il decreto del 24 novembre 1934 dell'allora presidente Mustafa Kemal Ataturk che trasformava Santa Sofia in un museo.  

La decisione della decima sezione del massimo tribunale amministrativo di Ankara è stata presa all'unanimità. I giudici hanno accolto il ricorso presentato nel 2016 da un piccolo gruppo islamista locale, l'Associazione per la protezione dei monumenti storici e dell'ambiente. Secondo le motivazioni rese note, l'edificio apparterrebbe a una fondazione religiosa che l'avrebbe eredito dal sultano ottomano Maometto II, che nel 1453 conquistò Costantinopoli e convertì Santa Sofia da chiesa in moschea. Per i giudici sarebbe quindi illegittimo destinare il complesso a un uso diverso da quello allora definito di luogo di culto islamico.

Santa Sofia sarà riaperta al culto islamico dalla preghiera del venerdì del 24 luglio. Lo ha annunciato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel suo discorso alla nazione, sostenendo che la riconversione in moschea del monumento simbolo di Istanbul è un "diritto sovrano" della Turchia. La decisione ha subito scatenato proteste e indignazione. Per la Grecia, si tratta di una "aperta provocazione al mondo civilizzato". Secondo il ministro della Cultura, Lina Mendoni, "il nazionalismo mostrato da Erdogan riporta il suo Paese indietro di sei secoli". Immediata è giunta anche la reazione della Chiesa ortodossa russa, che parla di una decisione che ignora "milioni di cristiani". Già alla vigilia, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, primus inter partes tra le guide spirituali dei 300 milioni di fedeli ortodossi, aveva lanciato l'allarme sui rischi di una reazione "dei cristiani nel mondo contro l'Islam". Da Washington a Mosca, da Bruxelles ad Atene, in tanti avevano tentato di fermare lo strappo. Invano. Inascoltati sono rimasti anche gli appelli al dialogo dell'Unesco, che aveva espresso "preoccupazione" e ricordato che "ogni modifica" a un sito inserito nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità "richiede una notifica in anticipo da parte dello Stato interessato e successivamente, se il caso lo richiede, un esame del Comitato del Patrimonio mondiale". Per quasi un millennio la chiesa più grande della cristianità, a lungo sede del patriarcato di Costantinopoli, trasformata in moschea dal sultano Maometto II nel 1453 dopo la conquista ottomana, Santa Sofia torna ora luogo di preghiera per i musulmani.

Immediati sono stati i festeggiamenti di gruppi islamisti e nazionalisti, oltre che di ministri e deputati. Poco prima della decisione, il monumento era stato appositamente transennato per evitare assembramenti a ridosso dell'edificio. Sventolando bandiere turche, i manifestanti si sono comunque riuniti nella piazza antistante di Sultanahmet. "Rompiamo le catene di Santa Sofia", era stato lo slogan dei fautori della riconversione in moschea.

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