Il divorzio in Italia ha 50 anni, sulla legge nel 1974 il primo referendum abrogativo della storia repubblicana

Il divorzio in Italia ha 50 anni, sulla legge nel 1974 il primo referendum abrogativo della storia repubblicana

Il divorzio in Italia ha 50 anni, sulla legge nel 1974 il primo referendum abrogativo della storia repubblicana


Dopo il varo della legge del 1970, il no alla cancellazione della legge alle urne nel referendum ottenne il 60% dei voti, nel centro nord dell'Italia netta prevalenza al no all'abrograzione

Molti ricordano le battaglie sul tema di Marco Pannella. Ma degli estensori della legge, il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini, pochi hanno memoria. La legge che introdusse il divorzio in Italia fu approvata definitivamente dalla Camera il primo dicembre del 1970 con 319 voti favorevoli e 286 contrari (605 erano i votanti e presenti in Aula). La seduta si protrasse sino alle 5.40 del mattino.


Il primo referendum abrogativo della storia repubblicana


La vera rivoluzione, il cambiamento epocale, si completò con il referendum. Era il 12 maggio del 1974, quando gli italiani furono chiamati alle urne, si votò anche il 13 maggio. I “no” trionfarono e la legge Fortuna - Baslini restò in vigore. Era il primo referendum abrogativo della storia della Repubblica, e fu preceduto da una campagna d’opinione molto forte, dal fronte antidivorzista, per lo più cattolico, gli slogan più usati erano “La famiglia deve vincere, vota sì” e dall’altro lato “Il mondo ci guarda, gli italiani votano no”. Tra i sostenitori del “sì” per l’integrità della famiglia c’erano Dc, Msi e comitati civici, per il no erano schierati Pci, Psi, Partito radicale e associazioni laiche. Ma in realtà, mai come in quella occasione il voto fu espresso anche in senso contrario alle indicazione di partito. I partiti a favore, ricorderà chi aveva l’età per votare, o comunque l’età della ragione, erano preoccupati per l’interpretazione della formula abrogativa, temevano che gli italiani potessero confondersi e votare “sì” pensando di contribuire alla causa del divorzio. Per ciò quasi tutti i manifesti del “no” apparivano più semplici , con l’utilizzo di parole come “libertà” e “scelta” accanto alla spiegazione del voto.


Una partecipazione molto alta, il No vinse con quasi il 60%


Alle urne si recarono 33 milioni e 23mila 179 italiani (37 milioni 646 mila 322 erano gli aventi diritto), pari all’87,72 per cento. I “no” che confermarono il divorzio furono quasi il 60% (19 milioni 138mila 300), i “sì”, quindi i contrari all’istituto che ne chiedevano la cancellazione, furono il 40,74%, (13 milioni 157mila 558). Sostanzialmente il centro-nord del paese si espresse in senso contrario all'abrogazione, mentre il Sud si mostrò antidivorzista. Il no prevalse in Abruzzo, Sicilia e Sardegna, e il sì in Veneto e Trentino-Alto Adige.


Le modifiche negli anni, quella del 1987, poi la legge del 2015


Un altro passo significativo fu compiuto nel 1987, quando fu approvata una modifica che ridusse da cinque a tre gli anni di separazione per poter accedere al divorzio. Forzò la mano, in quella occasione, l’allora presidente della Camera Nilde Iotti , che riuscì a ottenere un accordo unanime, di tutti i Gruppi per l’approvazione in commissione in sede legislativa. Con la riforma del 2015 i termini sono stati ridotti. La norma dice che per chiedere il divorzio la separazione deve essersi protratta senza interruzioni da almeno dodici mesi, a seguito della comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale . Il termine è ancora più breve,  sei mesi, nel caso la separazione sia consensuale. Questo vale anche quando il giudizio da contenzioso si sia trasformato in consensuale, dalla data di una negoziazione assistita da un avvocato. E in continua evoluzione sono le norme relative agli assegni di mantenimento, e ai diritti e alle responsabilità verso i figli.




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