
Maxioperazione antimafia a Palermo, centinaia di arresti. I boss si riorganizzavano Photo Credit: agenziafotogramma.it
11 febbraio 2025, ore 12:30
Cosa Nostra stava riorganizzando la sua struttura, perché indebolita dall'azione punitiva dello Stato. 2 mila carabinieri impegnati nell'esecuzione di 183 arresti tra i clan palermitani
Sono circa 2000 i carabinieri impegnati questa mattina nella maxi operazione antimafia a Palermo. 183 le misure cautelari in esecuzione in queste ore. Il blitz, che ha interessato anche altre città italiane, ha l'obiettivo di "disarticolare i mandamenti mafiosi palermitani e della provincia. L'operazione ha colpito in particolare i clan palermitani ''Porta Nuova'', ''Pagliarelli'', ''Tommaso Natale - San Lorenzo, ''Santa Maria del Gesù'' e ''Bagheria'', come si legge in una nota. Gli arrestati, tra i quali ci sarebbero diversi boss e colonnelli della cupola, sono ritenuti responsabili, tra l’altro, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni aggravate dal metodo mafioso. Secondo i Pm di Palermo, Cosa Nostra è impegnata in una significativa opera di riorganizzazione della struttura e di reazione alla dura repressione degli ultimi anni da parte delle forze dell’ordine.
COLLEGAMENTI DAL CARCERE
"Non può ignorarsi che la facile introduzione, negli istituti penitenziari, di minuscoli apparecchi telefonici e di migliaia di sim, destinate ciascuna a una breve durata per annientare le eventuali attività di intercettazione, ha neutralizzato l'annosa questione dell'inoperatività dei detenuti che, ormai, dalle loro celle, continuano ininterrottamente la militanza mafiosa, seppure in videochiamata, collegandosi ad un telefono-citofono (cioè un apparecchio esterno dedicato in via esclusiva a ricevere e chiamare l'utenza attiva dentro al carcere), sì da interloquire sulle questioni di maggiore rilievo e da realizzare, con estrema facilità, vere e proprie riunioni di mafia". E' l'allarme lanciato dai pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo.
IL DECLINO DELL CUPOLA
I magistrati hanno intercettato lo sfogo di alcuni esponenti mafiosi per la decadenza della struttura e della difficoltà dei boss ad interloquire con il potere politico ed economico. "È stata spesso offerta la rappresentazione di un'associazione che, segnata dall'azione punitiva dello Stato, ormai si affanna nel farsi carico del mantenimento dei sempre più numerosi detenuti di mafia e delle loro famiglie e, parallelamente, stenta ad intraprendere, anche a causa di uno sfavorevole ricambio generazionale, perfino le iniziative bastevoli ad assicurare il soddisfacimento degli essenziali bisogni finanziari del sodalizio". Così, i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo
LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
"Le intercettazioni lo dicono chiaramente: 'L'Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare', ammetteva uno degli arrestati. Un segnale chiaro: la criminalità organizzata è alle strette, la lotta alla mafia non si ferma e non si fermerà". Lo afferma la premier Giorgia Meloni sui social commentando l'operazione che a Palermo ha portato all'arresto di oltre 180 persone. "Grazie ai Carabinieri del Nucleo Investigativo e a tutte le Forze dell'Ordine che ogni giorno difendono la legalità e la sicurezza dei cittadini - aggiunge -. La mafia va sconfitta con determinazione e senza alcun compromesso. Lo Stato c'è e non arretra".
SICUREZZA VILOLATA NELLE CARCERI
"C'è una condizione di estrema debolezza del circuito penitenziario di alta sicurezza deputato al contenimento della carica di pericolosità dei mafiosi che non sono sottoposti a regimi speciali". Lo ha detto il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo durante la conferenza stampa a Palermo. "L'indagine mostra chiaramente quello che rivelano tante altre indagini, dalla Calabria alla Puglia, ma anche nel Nord Italia- dice ancora Melillo - che il circuito della sicurezza è assoggettato al dominio delle organizzazioni criminali in cui i detenuti godono di intatta capacità di comunicazioni. E' un tema estremamente delicato".