Romain Grosjean deve la vita all'Halo, il dispositivo di sicurezza che (quasi) nessuno voleva in Formula 1

Romain Grosjean deve la vita all'Halo, il dispositivo di sicurezza che (quasi) nessuno voleva in Formula 1

Romain Grosjean deve la vita all'Halo, il dispositivo di sicurezza che (quasi) nessuno voleva in Formula 1


Il pilota francese non è un miracolato, la vita del driver della Haas è stata salvata dallo straordinario progresso nella sicurezza delle monoposto

Miracolo? No, non è giusto parlare di miracolo, anche se quando sopravvivi a uno schianto del genere, senza neppure riportare ferite di particolare gravità, non puoi non pensare che da lassù qualcuno ti abbia posto una mano sulla testa.

Nulla al caso

Oltre i naturali sentimenti di incredulità e riconoscenza, però, il motivo per cui oggi non stiamo parlando di un terribile lutto per il mondo dello sport e della Formula 1 in particolare è da ricercare in precise scelte strategiche e costruttive. Ci sono dei meriti, insomma. Ci permettiamo di aggiungere, meriti clamorosi, perché il livello di sicurezza mostrato ieri dalle Formula 1 ha dell’incredibile. Nulla di ciò che abbiamo visto, nei secondi successivi il terrificante schianto è frutto del caso. È, piuttosto, il più impressionante Crash Test live che si possa pensare, la prova più severa a cui potessero essere sottoposte le misure studiate negli anni per arrivare alle super-macchine che disputano oggi il mondiale di Formula 1.

La meritoria lotta della FIA

La Federazione Internazionale dell’Automobile ha studiato con estrema attenzione due drammi degli ultimi anni. Uno fu solo sfiorato, quando l’allora ferrarista Felipe Massa fu colpito sul casco da una molla volata via dall’auto di Rubens Barrichello. Si era nel 2009, a Budapest, e solo per tanta fortuna Felipe non perse la vita, dopo essere svenuto ed essersi schiantato ormai privo di sensi. Un altro incidente finì nel peggiore dei modi, con la morte del compianto Jules Bianchi, nove mesi dopo essere finito contro un mezzo di soccorso al Gran Premio del Giappone del 2014. Studiando questi due episodi, la FIA decise di introdurre l’Halo, quella protezione triangolare posta sopra il casco del pilota.

Santo Halo

Osteggiato da molti, perché considerato antiestetico e non in linea con la filosofia della Formula 1 e dell’abitacolo aperto, ieri è risultato decisivo, nell’assorbire l’allucinante violenza dell’impatto di Romain Grosjean contro le barriere. A testimoniarlo, non osservatori distanti, ma lo stesso pilota francese nel video postato in Instagram per tranquillizzare i tifosi ieri sera e l’ingegner Giampaolo Dallara. Grosjean è stato lapidario: "Non sarei qui a parlare con voi se non avessi avuto l'Halo - ha dichiarato - e pensare che non mi piaceva proprio...". Quanto all'ingegner Dallara, parliamo di uno dei grandi geni del mondo dei motori italiano, il padre dell’omonima casa automobilistica, costruttrice anche dei telai del team statunitense Haas nel mondiale di Formula 1. Giampaolo Dallara ha ricordato quanto sia stato difficile superare le resistenze all’introduzione dell’Halo e ha pubblicamente elogiato Jean Todt, presidente della Federazione Internazionale, per aver tenuto il punto e non aver ceduto alle pressioni di chi non vedeva di buon occhio questo nuovo dispositivo di sicurezza.

Know How unico

È bene ricordare che l’italianissima Dallara realizza le auto della Formula Indy, quelle destinate all’ovale di Indianapolis, dove si gira a medie siderali, con il costante rischio di andare a muro a quasi 400 km all’ora. La Dallara, pertanto, ha sviluppato un eccezionale know how, nel realizzare cellule di sicurezza dei piloti. Queste ultime sono assolutamente all’avanguardia e le monoposto sono pensate per distribuire le violentissime forze degli incidenti su diverse parti della vettura, riducendo lo stress diretto sulla cellula salvavita. Come visto anche ieri, quando l’auto si è spezzata, ma il corpo di Grosjean è stato protetto magnificamente dall’urto.

Piloti superman

Questa è la sicurezza passiva, arrivata a livelli semplicemente inimmaginabili solo una manciata di anni fa, ma poi c’è la preparazione psicofisica di piloti che sono anche atleti eccezionali. Ieri, Grosjean non è svenuto e questo può anche essere merito delle misure di sicurezza e della fortuna, ma ha avuto una capacità di gestire il momento fuori dal comune. Schizzare da quell’auto avvolta in un vero proprio rogo, in una manciata di secondi, è qualcosa che va oltre il puro istinto di sopravvivenza.

Sempre avanti

La lezione da trarre dall’incidente in Bahrein è non accontentarsi mai dei sia pur eccezionali livelli di sicurezza raggiunti. Romain Grosjean, cui auguriamo i migliori successi come pilota, è da oggi testimone vivente e perenne di ciò che l’ingegno umano applicato all’innovazione può ottenere.


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