L'analisi del momento politico italiano: il referendum sarà uno spartiacque
La madre di tutte le battaglie o no? Più ci si avvicina alla data del referendum costituzionale (domenica 4 dicembre, seggi aperti dalle 7 alle 23), più il clima politico si surriscalda: ma la domanda nevralgica è se la consultazione sulla riforma istituzionale sarà davvero uno spartiacque, segnerà un primo e un dopo.
Molti osservatori, se non tutti, dicono che dipenderà dal risultato: la vittoria del sì sarebbe un puntello indistruttibile per il governo di Matteo Renzi, il successo del no invece la sua pietra tombale, e soprattutto, per la serie corsi e ricorsi della storia, con Bersani, D’Alema e compagni che si prenderebbero la rivincita sul premier-segretario che ha fatto di tutto per rottamarli. Eppure, forse le cose stanno diversamente. Proprio il via libera alla modifica della Carta Costituzionale darebbe all’attuale presidente del Consiglio una forza e un potere straripanti, maggiori anche di quelli prodotti dal famoso 40 per cento delle ultime Europee. Avrebbe le mani libere sul partito e nel partito, con la minoranza Dem definitivamente all’angolo, avrebbe la strada in discesa per le scelte di governo, con gli alleati di maggioranza ridotti in pratica al silenzio, e avrebbe specialmente la strada spianata per le urne. Certo, dipende sempre e comunque dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, a cui spetta, pure nella nuova Carta, il compito di sciogliere le Camere, ma con l’approvazione della riforma costituzionale l’orizzonte della legislatura non è la sua conclusione naturale del 2018, come ama ripetere in pubblico lo stesso capo dell’esecutivo. In realtà, come raccontano off records fonti della stessa Presidenza del Consiglio, sarebbe l’estate 2017, o, al più tardi, l’autunno prossimo. E c’è da scommetterci. Alberto Ciapparoni
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