Cecilia Sala, la prima puntata del podcast dopo il rientro in Italia: "Confusa e felicissima, sto bene"
09 gennaio 2025, ore 16:03
La giornalista racconta quanto accaduto in Iran: "Non mi hanno spiegato perché sono stata arrestata, in cella ho pianto di gioia quando ho visto il cielo"
"Sono confusa e felicissima, mi devo riabituare, devo riposare, questa notte non ho dormito per l'eccitazione e la gioia. Quella precedente per l'angoscia, sto bene, sono molto contenta".
Queste le prime parole di Cecilia Sala, la giornalista rientrata ieri dall'Iran dove era detenuta nel carcere di Evin, nella nuova puntata di Stories, il podcast di Choramedia dal titolo 'I miei giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento'.
La giornalista, intervistata da Mario Calabresi, ricostruisce quanto accaduto:
"Non mi è stato spiegato perché io sia finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin. Questa storia comincia col fatto che l'Iran è il Paese nel quale più volevo tornare, dove ci sono le persone a cui più mi sono affezionata. In questo mestiere si cerca di avere uno scudo dalla sofferenza degli altri che accumuli e qualche volta volta delle fonti che incontri per lavoro diventano amici, persone che vuoi sapere come stanno e l'Iran è uno di questi posti".
L'arresto a Teheran
In merito al fermo, Sala spiega che "stavo lavorando in hotel alla puntata del mio podcast di quel giorno, mi hanno bussato alla porta, pensavo fossero delle pulizie, ho detto che non avevo bisogno di nulla, ma sono stati insistenti, ho aperto e mi hanno portato via”.
La detenzione nel carcere di Evin
Sala ricorda che in carcere ad Evin "sono riuscita a ridere due volte: la prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che faceva un verso buffo. Il silenzio è il nemico in quel contesto e in quelle due occasioni ho riso e mi sono sentita bene. Mi sono concentrata su quell'attimo di gioia, ho pianto di gioia".
A proposito della sua detenzione racconta: “Pensare a Zeinab Musavi, la comica iraniana più famosa online, finita anche lei in un cella di isolamento, protagonista dell’ultima intervista che avevo fatto prima dell’arresto, mi è stato di grande aiuto”.
Ed ancora: "Mi sono ritrovata a passare il tempo a contare le ore, a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti del pane che erano l’unica cosa scritta in inglese. Ho fatto previsioni positive e negative sul mio destino, ma non avrei mai pensato di venire liberata così presto. La cosa che più volevo era un libro, la storia di un altro, una che non fosse la mia in cui immergermi. Ho chiesto il Corano in inglese perché pensavo potessero averlo, ma non mi è stato dato per molti giorni”.
Gli occhiali e la biro
Sulle condizioni in carcere, la giovane cronista, che si dice stanca, ma vogliosa di tornare presto a lavorare, racconta: "Io non vedo senza lenti, ma gli occhiali non me li hanno mai dati perché sono pericolosi, si possono rompere i vetri per ferirsi. Per la stessa ragione non ho mai potuto scrivere, non mi hanno mai potuto dare una biro perché può diventare un’arma. Ma non mi hanno mai dato nemmeno le lenti a contatto. Dormivo a terra, senza cuscini né materassi. Mangiavo tanto riso con lenticchie, carne. Il problema non è stato mangiare, ma dormire".