Lo smartworking non fa bene al sesso, sette donne su dieci che lavorano da casa rinunciano a farlo

Lo smartworking non fa bene al sesso, sette donne su dieci che lavorano da casa rinunciano a farlo

Lo smartworking non fa bene al sesso, sette donne su dieci che lavorano da casa rinunciano a farlo


Lavorare da remoto fa male al sesso, secondo i risultati di un sondaggio. Sette donne su 10 che lavorano in smartworkng dicono di rinunciare o di non pensarci affatto.

Fare l'amore ai tempi del coronavirus diventa sempre più difficile, complice le regole e le restrizioni, uomo e donna si allontanano sempre di più. Distanziamento, paura del contagio, stress da quarantena, niente aperitivi o cene piccanti, ma anche e soprattutto lo smartworking fa perdere voglia e passione. Soprattutto alle donne. È quanto emerge da un sondaggio effettuato da un sito di incontri extraconiugali: sette donne su dieci hanno risposto di non pensare affatto al sesso in questo periodo della loro vita.


Le cause

Lavorare da casa in un contesto apparentemente più rilassato avrebbe dovuto favorire maggiori occasioni con il partner, ma il 74% delle donne che ha riposto al sondaggio ha affermato che invece, risulta il contrario. E non per colpa del compagno. Ma allora quali sono le cause di questo rifiuto al sesso? Al primo posto c'è l'ansia da prestazione da smartworking. Sì perché chi lavora da casa, in un certo senso non stacca mai, è sempre concentrato, ha paura che se non si rende reperibile in ogni istante, possa essere accusato di essere un lavativo o di approfittare della mancanza di controlli da parte del capo (82%) Al secondo posto c'è l'orario di lavoro. Apparentemente identico, ma chi lavora da casa spesso inizia prima e finisce più tardi e non stacca mai. Non ha quel tempo cuscinetto che intercorre da quando esce dall'ufficio e torna nella propria abitazione che lo aiuta a distrarsi. Lo scenario non cambia.  


Il lavoro inizia prima e finisce più tardi

Di conseguenza si inizia prima, si finisce più tardi, non si prendono pause e anche il pranzo finisce per essere consumato davanti al pc. Ecco quindi che, anche se lo smartworking darebbe la possibilità di ritagliarsi dei momenti di intimità estemporanei e impossibili da avere con la routine precedente, in realtà sta togliendo tempo anche a quelli convenzionali. In queste condizioni anche la pausa pranzo è spesso una toccata e fuga, senza i giusti tempi, senza un vero stacco dal lavoro e senza la possibilità di chiacchierare con i colleghi.

Lo stile di vita

Per il 62% delle donne, lo stile di vita casalingo influisce negativamente sull'attrazione e l'eccitazione sessuale. Sempre a causa del lockdown, chi lavora in smartworking si sente libero di vestirsi senza badare al look. E allora, addio a vestiti scollati, gonne mozzafiato e tacco 12, e largo a pigiamoni e tute abbondanti. Ovviamente restando a casa saltano anche trucco e capelli ben acconciati e colorati. Anche se il compagno è uno di quelli che non si fa problemi, molte donne cominciano a sentirsi in disagio e accampano scuse su scuse per non fare l'amore. 


Aperitivi e cene

Il sondaggio ha messo in evidenza anche come la scomparsa di due classici come l'aperitivo tra colleghi e le cene, influiscano sull'umore sessuale delle donne. Il 42% imputa il calo della libido alla mancanza di queste circostanze. Aperitivi e cene erano viste come una sorta di apripista per la serata con il partner o l'amante, erano il detonatore per scaricare lo stress accumulato durante la giornata e magari, quel dito di alcol bevuto, metteva nella condizione giusta di lasciare alle spalle le inibizioni e scatenava la serata. Il Coronavirus si è portato via anche questo. 


Quali le regioni più colpite da questo fenomeno?

Sembra strano a dirsi, ma le regioni più colpite dal coronavirus sono a che quelle che hanno subito di più questo fenomeno. La Lombardia è in testa, in questa speciale classifica seguita da Piemonte, Veneto, Lazio e Friuli. Con le donne della città metropolitana di Milano al vertice della classifica della mancanza di desiderio, seguite da quelle di Bergamo, Varese, Torino, Padova e Roma. 



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