Sanità, liste d’attesa infinite e medici in crisi: così non si va avanti

Sanità, liste d’attesa infinite e medici in crisi: così non si va avanti

Sanità, liste d’attesa infinite e medici in crisi: così non si va avanti Photo Credit: agenzia fotogramma


Liste d’attesa infinite, medici in difficoltà e riforme incerte: la sanità pubblica italiana è in crisi, tra carenze di personale ed esami spesso inutili.

Aspettare mesi per una visita o un esame è ormai la normalità. Mammografie, TAC, controlli specialistici: prenotare una prestazione sanitaria pubblica è diventata sempre più una impresa. Mentre le liste d’attesa sono lunghissime, si continua a parlare di riforme, di nuovi modelli e di cambiamenti e i problemi, quelli veri, restano sempre lì e nel frattempo, chi ha male, resta in attesa, ed è sempre più preoccupato.

I medici di famiglia si arrendono: “Così non ce la facciamo”

Pier Luigi Bartoletti, vice segretario della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), sostiene che i medici di base siano in difficoltà. Secondo lui, si sono aggiunti esami e visite, ma senza organizzazione. Il risultato è quello di più prestazioni disponibili ma anche più persone in coda e chi ha bisogno urgente, spesso resta bloccato senza distinzione tra casi urgenti e quelli meno gravi. I medici si sentono con le mani legate e a rimetterci sono i pazienti.

Riforma in arrivo, ma non tutti sono convinti

Il governo ha in progetto una riforma per cambiare il ruolo dei medici di famiglia: l’idea è quella di farli diventare dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale e farli lavorare nelle nuove Case di Comunità, cioè strutture sanitarie pubbliche dove medici, infermieri e altri specialisti lavorano insieme per seguire meglio i pazienti, che dovrebbero aprire entro il 2026 grazie ai fondi del PNRR. Le Case di Comunità sono pensate per migliorare l’assistenza sul territorio, alleggerendo il carico degli ospedali e offrendo un punto di riferimento sanitario più vicino e integrato. A oggi, la loro realizzazione è in corso: alcune sono già attive in regioni come Toscana, Emilia-Romagna e Lazio, dove funzionano come progetti pilota o strutture parzialmente operative, mentre in altre zone d’Italia i cantieri sono ancora aperti o in fase di avvio. Secondo il piano nazionale, entro il 2026 dovrebbero essere attivate circa 1.200 strutture, ma il ritmo di realizzazione varia da regione a regione, anche a causa di ritardi burocratici e carenza di personale. Non tutti i medici, però, sono d’accordo con questa trasformazione: molti temono che, invece di migliorare l’assistenza, ci si ritrovi a lavorare dietro a una scrivania, con meno autonomia e meno tempo da dedicare davvero ai pazienti.


Più visite non bastano: la vera soluzione potrebbe essere migliorare l’organizzazione

Secondo Bartoletti, il problema non si risolve solo proponendo più visite ed esami, ma organizzare meglio il sistema. Serve un sistema che funzioni, che sappia capire davvero le necessità di ogni paziente e che indirizzi le persone nel posto giusto e al momento giusto, così da velocizzare diagnosi e cure. Serve anche più comunicazione tra medici di base e specialisti: senza una rete che funziona, si finisce solo per fare confusione.

Carenza di medici: il problema che nessuno riesce a fermare

Oltre a tutto ciò, poi c’è anche la questione, sempre più seria, della mancanza di medici di famiglia. I numeri parlano chiaro: secondo la Lega Diritti del Malato, entro il 2026 mancheranno circa 15 mila medici di base. Dal 2002 al 2023, si è passati da 46.000 a 37.600 medici: un calo costante. Questo rende ancora più difficile affrontare le lunghe liste d’attesa e garantire un’assistenza sanitaria di qualità.

Nel frattempo, occhio anche agli esami inutili

Se da un lato c’è chi aspetta mesi per una visita, dall'altro c’è anche il rischio opposto, ovvero fare esami che non servono. Uno studio recente dell’Università della California, pubblicato su JAMA Internal Medicine, ha lanciato un allarme sull'uso eccessivo della TAC (Tomografia Assiale Computerizzata). Questo esame, utilissimo in molti casi, espone però a radiazioni che, se usate senza motivo reale, possono aumentare il rischio di tumori. Si parla addirittura del 5% dei casi di cancro legati a un uso eccessivo di TAC. E il rischio è più alto per neonati, bambini e adolescenti, ma anche gli adulti non sono esclusi.

Secondo l’autrice dello studio, Rebecca Smith-Bindman, bisogna evitare esami di TAC inutili e usare sempre la dose più bassa possibile. Quindi meno esami inutili e più attenzione al singolo caso, anche questo è parte di un sistema sanitario più sano e più giusto.

Cosa serve davvero?

CittadinanzAttiva, l' organizzazione che si occupa da anni di tutelare i diritti dei cittadini nella sanità, sostiene che aumentare solo il numero di esami e visite non basta, serve una sanità pubblica più organizzata, dove i medici di famiglia abbiano strumenti per fare vera prevenzione e seguire ogni paziente in modo personalizzato



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