Gli indigeni dell'Amazzonia sono falcidiati dal coronavirus, il contagio dilaga e gli ospedali sono lontani

Gli indigeni dell'Amazzonia sono falcidiati dal coronavirus, il contagio dilaga e gli ospedali sono lontani

Gli indigeni dell'Amazzonia sono falcidiati dal coronavirus, il contagio dilaga e gli ospedali sono lontani


Il coronavirus sta facendo strage tra gli indigeni dell'Amazzonia, le tribù non hanno accesso alle cure di emergenza

In Brasile, i contagi di coronavirus sfiorano i 350mila e le vittime sono già più di 22mila. Nel Paese, il cui presidente, Jair Bolsonaro, da sempre sottovaluta la pandemia, c'è una parte della popolazione che sta particolarmente soffrendo per la malattia. Si tratta degli indigeni dell'Amazzonia


Le tribù della foresta

In Brasile vivono 900mila indigeni, la cui quotidianità ha tratti primordiali e si basa su antiche tradizioni. Secondo il gruppo di difesa Articulation of Indigenous People of Brazil, il tasso di mortalità nelle tribù è il doppio rispetto al resto della popolazione del Paese sudamericano. Tra gli indigeni ci sono 980 casi confermati di coronavirus e le vittime sono almeno 125. Il tasso di mortalità è dunque del 12,6% rispetto al 6,4% della popolazione generale. La statistica tiene conto sia degli indigeni che vivono nei villaggi tradizionali sia di quelli che si sono trasferiti in città.


Una vita ai margini

Gli indigeni che si sono trasferiti in città per motivi di studio o di lavoro sono comunque fragili. Spesso, infatti, sono in condizioni economiche precarie e vulnerabili dal punto di vista della salute. Coloro che, invece, vivono nella foresta non hanno strutture igieniche e sanitarie di base. Uno dei primi brasiliani a perdere la vita a causa del coronavirus è stato un indigeno yanomami di soli 15 anni, morto lo scorso aprile. Le regioni dell'Amazzonia in cui abitano gli indigeni sono spesso remote e inospitali oltre che prive di strutture sanitarie.

La comunità di Tuxa

I Tuxa, detti anche Tusha, sono un gruppo etnico che vive negli stati brasiliani di Bahia e Pernambuco. Parlano il portoghese e sono di fede animista. Per una popolazione di 1.400 persone non ci sono ospedali e il punto di rianimazione più vicino è a quattro ore e mezza di auto. Una volta appreso del virus, l'unica soluzione è stata l'isolamento totale. Hanno creato barriere e a nessuno è permesso di entrare o uscire dai loro territori. Finora il virus non li ha contagiati. Più di 60 comunità indigene, invece, sono già state colpite e, spesso, dalla regione amazzonica, gli ospedali sono raggiungibili solo in barca o in aereo.

La lontananza dagli ospedali

Secondo uno studio, la distanza media tra i villaggi degli indigeni e l'unità di terapia intensiva più vicina è di ben 315 chilometri. Per il 10% dei villaggi, questa distanza è addirittura compresa tra i 700 e i 1079 chilometri. In Brasile, gli Stati più colpiti sono stati quelli del nord e del nordest del Paese. Uno di quelli con il tasso di infezione più alto è Amazonas, il cui sistema sanitario è allo stremo.

La deforestazione

Prima del virus, era già iniziato un momento difficile per i popoli indigeni a causa della politica del presidente Bolsonaro, che ha intensificato la deforestazione. Nell'aprile di quest'anno, il taglio degli alberi è aumentato del 64% rispetto al 2019. Solo il mese scorso sono stati distrutti più di 400 chilometri quadrati di foresta pluviale. "Gli indigeni dell'Amazzonia non hanno gli anticorpi per le malattie che provengono dall'esterno della foresta pluviale - ha detto l'attivista e fotografo brasiliano Sebastiao Salgado a Christiane Amanpour della Cnn - esiste un enorme pericolo che il coronavirus possa entrare nel territorio e diventare un vero genocidio".


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