Hollywood, il tramonto delle star: quando il nome non basta più a riempire le sale

Hollywood, il tramonto delle star: quando il nome non basta più a riempire le sale

Hollywood, il tramonto delle star: quando il nome non basta più a riempire le sale Photo Credit: Ansa/Ettore Ferrari


Cosa sta succedendo? Perché i grandi divi non garantiscono più un successo delle pellicole?

Per decenni è stato un dogma: bastava il nome in cima al poster, e il film era destinato al successo.

Dwayne Johnson, Jennifer Lawrence, Leonardo DiCaprio, Jared Leto: volti che, fino a pochi anni fa, garantivano incassi milionari e file ai botteghini.

Oggi, però, qualcosa sembra essersi incrinato. Gli ultimi risultati al box office raccontano una storia diversa, quella di un’industria in trasformazione, dove il carisma delle star non basta più.

NUMERI CHE PESANO

“The Smashing Machine”, con Dwayne Johnson ed Emily Blunt, avrebbe dovuto essere uno dei titoli forti dell’autunno. Invece, in Nord America, si è fermato a soli 11 milioni di dollari complessivi, di cui appena 6 nel primo weekend: un risultato impensabile fino a pochi anni fa per due volti di tale richiamo.

Ancora più deludente il debutto di “Die My Love”, con Jennifer Lawrence e Robert Pattinson: appena 2,8 milioni nel primo fine settimana, ottavo posto in classifica e un pubblico tiepido.

Persino Leonardo DiCaprio e Sean Penn, con “Una battaglia dopo l’altra”, non sono riusciti a trasformare la loro collaborazione in un successo commerciale, nonostante il film abbia goduto di un discreto passaparola e della fama del regista.

Infine, “Tron: Ares” con Jared Leto, ennesimo capitolo di un franchise dal passato glorioso, si è rivelato un altro clamoroso flop.

IL PUBBLICO È CAMBIATO

Cosa sta succedendo? Il pubblico è lo stesso, ma il modo in cui consuma le storie non lo è più. L’epoca del “nome al botteghino”, in cui bastava un volto noto per trascinare milioni di spettatori, sembra tramontata. Oggi la centralità si è spostata dal divo alla narrazione, dall’immagine all’esperienza collettiva.

Le piattaforme streaming hanno abituato gli spettatori a scegliere sulla base del passaparola digitale, delle recensioni, dei trend social. Non conta più chi recita, ma cosa si racconta e come. È la storia, più che la star, a determinare l’interesse.

E la concorrenza tra cinema, serie, videogiochi, podcast e contenuti brevi su TikTok, è spietata.

IL PROBLEMA DEI SOCIAL

Il paradosso è che mai come oggi gli attori sono “presenti”: i social network li rendono costantemente visibili, accessibili, perfino familiari. Ma questa esposizione, che un tempo avrebbe alimentato il mito, oggi lo erode.

La star non è più una figura distante e inafferrabile: è un personaggio tra tanti nel flusso infinito di contenuti digitali. Il pubblico non compra più il biglietto per “vedere Dwayne Johnson”, perché Dwayne Johnson lo vede ogni giorno su Instagram, su YouTube, nei meme. Il mistero, che era la linfa del divismo, è svanito.

LA CRISI DELL'IMMAGINARIO

Il cinema hollywoodiano vive una crisi d’identità. Tra sequel, reboot e franchise infiniti, fatica a proporre nuove mitologie. Il volto noto diventa allora un àncora, ma non un motore. Se il film non ha qualcosa da dire, il nome sulla locandina non basta.

Ciò che funziona oggi (basti pensare al successo di pellicole come Barbie) è l’unione di visione autoriale e linguaggio pop, la capacità di dialogare con un pubblico frammentato ma curioso. Forse, più che di crisi delle star, si tratta di una loro ridefinizione.

Gli attori non sono più “dei dell’Olimpo”, ma interpreti all’interno di un ecosistema culturale più complesso, dove contano le storie, le comunità online, la risonanza sociale. Il futuro del cinema non sarà privo di divi, ma di divi “soli”. Saranno parte di un racconto collettivo, non più garanti assoluti del successo.

In fondo, come dimostrano i numeri, il pubblico non chiede più idoli: chiede emozioni autentiche. E quelle, oggi, non si comprano con un nome in grassetto sul poster.



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