Il calcio in tv non va in vacanza: meglio oggi o i vecchi tempi? Intanto lo sport alla radio non invecchia ed è sempre di moda

Il calcio in tv non va in vacanza: meglio oggi o i vecchi tempi? Intanto lo sport alla radio non invecchia ed è sempre di moda

Il calcio in tv non va in vacanza: meglio oggi o i vecchi tempi? Intanto lo sport alla radio non invecchia ed è sempre di moda


La questione è annosa: meglio il calcio moderno o quello di una volta? Ogni epoca presenta pro e contro, anche in tv. Ma lo sport raccontato alla radio è sempre affascinante, fin dai tempi di Enrico Ameri

IL CALCIO DI UNA VOLTA

C’erano una volta le estati senza calcio. Quelle in cui i tifosi andavano in crisi da astinenza, per poi tuffarsi famelici sulle prime giornate di campionato, o sui turni preliminari di coppa Italia. Fino alla fine degli anni Novanta, la preparazione estiva delle squadre prevedeva solo qualche amichevole in montagna contro rappresentative locali. Ora – già a metà luglio- sembra di essere nelle fasi decisive della Champions League. Sembra. I nomi degli avversari sono di livello assoluto (Real, Barcellona, Chelsea, Tottenham, Liverpool, United, City, Bayern Monaco, paris Saint Germain), le partite difficilmente sono apprezzabili. Ma per le società l’importante è incassare (dagli organizzatori in ogni parte del mondo e dai diritti TV). L’occasione offre lo spunto per il confronto generazionale: meglio il calcio di una volta o quello di oggi? Come spesso capita, ogni periodo ha i suoi pro e i suoi contro. Un tempo era tutto più romantico, ma – abituati ai canoni di adesso- faremmo fatica ad adattarci a un sistema che trasmette solo poche partite ogni tanto. Le telecronache sono molto più professionali: il livello di competenza e di preparazione è parecchio cresciuto. Ma a certe voci del passato resteremo sempre affezionati.


LA RADIO NON INVECCHIA

La radio rappresenta un capitolo a parte. Era di moda allora, è di moda adesso. Raccontare le emozioni di una partita è una sfida affascinante. In tv ci sono le immagini, il cronista le accompagna. Alla radio le immagini sono nella voce, senza il radiocronista non si può stare. Chi è al microfono non può permettersi pause, deve descrivere tutto: non può limitarsi a citare il giocatore in possesso di palla, deve spiegare dove è il pallone, dove e come si sviluppa l’azione, come sono disposte le squadra in campo. Il tutto va fatto con chiarezza e molto rapidamente, perchè bisogna tenere la velocità del pallone. Poi bisogna fornire all’ascoltatore il maggior numero di dettagli, perché possa immaginarsi la scena pur non vedendola: in questo senso è utile parlare del colore delle maglie, descrivere lo stadio, dare conto della situazione meteo. La radio – a differenza della tv- non invecchia, perché era già moderna tanti anni fa. Oggi una telecronaca di Nicolò Carosio o di Nando Martellini sarebbe fuori dal tempo. Se invece mandassimo in onda una radiocronaca di Enrico Ameri risalente a quaranta anni fa, non si noterebbero grandi differenze con i prodotti di oggi. Molti addetti ai lavori considerano Ameri il più grande di tutti i tempi: capacità descrittiva, ritmo, entusiasmo; le sue radiocronache erano la cascata di un fiume in piena, quando Ameri raccontava una veloce azione in contropiede alzando il tono, all'ascoltatore sembrava di involarsi in prima persona verso la porta avversaria. La sua voce è legata a migliaia di partite di calcio, ma ha raccontato alla radio anche numerose corse di ciclismo. E sono state importanti anche le escursioni fuori dallo sport: giusto per fare un paio di esempi, Enrico Ameri ha effettuato la radiocronaca della consegna del premio Nobel a Salvatore Quasimodo e anche dello sbarco dell'uomo sulla Luna. 



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