Mafia, maxiblitz contro i clan di Messina, 33 misure cautelari, boss controllavano anche i voti

Mafia, maxiblitz contro i clan di Messina, 33 misure cautelari, boss controllavano anche i voti

Mafia, maxiblitz contro i clan di Messina, 33 misure cautelari, boss controllavano anche i voti


In una vasta operazione delle forze dell’ordine colpiti gli affari dei clan che controllavano il centro della città siciliana, tra droga e gioco d’azzardo; a capo dell’organizzazione c’era un boss, scarcerato dopo una lunga detenzione; ipotesi anche voto di scambio

Le mani dei clan mafiosi su Messina

La vasta operazione che ha colpito al cuore le cosche mafiose di maggiore influenza nel centro di Messina è il risultato di diverse attività di indagine svolte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei carabinieri di Messina, del Gico della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile, coordinate dalla Dda. 33 le misure cautelari emesse dalla Dda di Messina eseguite oggi. Tre i filoni di inchiesta che hanno svelato gli organigrammi e gli affari dei clan nelle estorsioni, nel traffico di droga e nel controllo di attività economiche nel campo della ristorazione e delle scommesse. In particolare, le indagini dei Carabinieri hanno riguardato la cosca mafiosa che controlla il rione messinese di "Provinciale" capeggiata dal boss Giovanni Lo Duca e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica dal clan. Le indagini della Guardia di Finanza hanno colpito le attività del gruppo criminale con al vertice Salvatore Sparacio, nel rione "Fondo Pugliatti", documentando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa del settore del gioco e delle scommesse. Al centro dell'inchiesta della Questura c'era invece il clan guidato da Giovanni De Luca, radicato nel rione di "Maregrosso" e da sempre attivo nel controllo della security ai locali notturni e nel traffico di droga.

Il boss scarcerato era tornato a comandare

Giovanni Lo Duca, che aveva passato 13 anni in carcere, alcuni dei quali al 41 bis, appena uscito di prigione aveva ripreso il timone della mafia messinese. Secondo gli inquirenti Lo Duca era riconosciuto come punto di riferimento criminale sul territorio, tanto che, in caso di controversie tra esponenti della criminalità, interveniva a comporre le liti. Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i carabinieri hanno documentato come il suo clan, attraverso il sistematico ricorso alle minacce e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive, era riuscito ad affermare il pieno potere e a controllare le attività economiche della zona.

Le riunioni al bar e nella sala biliardi

Base operativa degli affari del clan Provinciale, guidato da Lo Duca, era il bar "Pino" gestito dalla sorella del capomafia, Anna. Qui il boss trascorreva le sue giornate e incontrava gli altri esponenti mafiosi per pianificare estorsioni e scommesse sportive anche per conto di un allibratore straniero. Il bar è stato sequestrato. Altre riunioni si svolgevano invece nella sala biliardi controllata dal Salvatore Sparacio, nipote dell’ex boss Luigi, diventato poi collaboratore di giustizia. Qui si giocava d’azzardo con pc collegati alle piattaforme di scommesse on line, con sedi all’estero. Durante il lockdown l’anno scorso, per i funerali del padre di Salvatore Sparacio, il corteo funebre si fermò davanti al locale, in violazione alle norme anti-Covid.

I politici dal boss per farsi eleggere

Dalle indagini è emerso poi anche un episodio di voto di scambio: il boss Salvatore Sparacio, anche lui arrestato oggi , alle elezioni comunali del 10 giugno 2018 avrebbe ricevuto 10mila euro da un politico locale, Natalino Summa, finito ai domiciliari per voto di scambio. Il capomafia, in cambio dei soldi, avrebbe dovuto procurare voti a Summa che aspirava a diventare consigliere comunale. Nonostante l’accordo e i 350 voti che Summa avrebbe ottenuto dalla mafia, il politico non è stato eletto.


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